Evasione fiscale

di Lapo Berti

Commento a Luca Bergo

In un paese da tempo assuefatto a tutte le forme di corruzione dei costumi sociali e incline a troppo facili formule assolutorie all’insegna del motto “Così fan tutti!”, è difficile far percepire la gravità sociale di un fenomeno così largamente diffuso come l’evasione delle imposte, trattato nell’articolo “Com’è facile evadere”

Nella disgregazione generalizzata di quei sentimenti che concorrono a rendere possibile la convivenza, come la fiducia reciproca, la solidarietà, il senso di appartenenza a una comunità, si è perso completamente di vista il fatto che una società non è la semplice sommatoria di individui che vivono su di un determinato territorio, impegnati a perseguire il loro egoistico interesse, ma è un’aggregazione libera e volontaria di cittadini che hanno deciso di condividere il proprio destino e di destinare a questa convivenza una parte delle loro risorse personali. Una comunità si regge se tutti i membri ne condividono e supportano l’esistenza, accettando alcune, poche, regole fondamentali e imprescindibili. La partecipazione di tutti alla conservazione dell’ordine sociale tramite le istituzioni è la prima di esse e la tassazione dei redditi e delle ricchezze ne è la principale espressione. Rifiutarsi di pagare le tasse, darsi da fare per evaderle, è un venir meno all’impegno basilare di cooperazione che il patto sociale esige. Si tratta, dunque, di un delitto contro la società, di un comportamento antisociale, prima ancora che di un’infrazione della legge che dà corpo a quell’impegno. E come delitto contro la società dovrebbe essere condannato e sanzionato. Non sono cose con cui scherzare. La fiducia e la convivenza su cui si regge l’ordine sociale, quello che alcuni chiamano il capitale sociale, si distruggono rapidamente, e fenomeni come l’evasione vi contribuiscono potentemente, ma sono difficilissime da ricostruire. Come ci insegna la vicenda sciagurata del nostro paese, dove il ricco capitale sociale ereditato da secoli di storia è stato dissipato da una classe dirigente che, per mantenersi al potere, ha fatto leva sull’opportunismo che da sempre si annida fra gli istinti peggiori del popolo italiano e lo ha avallato.

Oggi, il governo, lo stato, dispongono di tutti i mezzi per portare allo scoperto l’evasione, per contrastarla efficacemente e mettere in atto una strategia credibile di dissuasione. Non resta che applicarli. La qualità del governo Monti si misurerà anche sulla determinazione con cui perseguirà quest’obiettivo. Questo non significa, ovviamente, che si possa estirpare del tutto e per sempre il fenomeno dell’evasione, ma sarebbe un segnale decisivo che si sta invertendo una tendenza secolare. Sarebbe la premessa necessaria, anche se non sufficiente, per cominciare a riscrivere un patto sociale che ponga finalmente l’Italia, a pieno titolo, fra i paesi moderni e democratici. Sarebbe, dunque, anche un passo importante per cominciare a riempire di contenuti un regime democratico che agonizza sotto il peso dell’inettitudine, l’ipocrisia e, appunto, l’opportunismo. L’evasione è, specialmente nell’attuale congiuntura economica, un problema drammatico per le finanze pubbliche, ma è anche, e soprattutto, un attacco alla convivenza sociale che una comunità che si vuole democratica non può più permettersi di tollerare.