La fine della società del benessere

di Paolo Deganello

Stiamo vivendo il tempo di un cambiamento epocale, la sociologa Saskia Sassen dice che “stiamo assistendo ad un imponente spostamento della ricchezza da una parte della società verso un’altra, e questo coinvolge le risorse finanziarie dello stato, del piccolo risparmio, delle piccole attività imprenditoriali

La Citibank è stata salvata dal fallimento dal governo USA con 7 miliardi di dollari, soldi provenienti dal prelievo fiscale, cioè soldi della working class e del ceto medio. C’è una progressiva concentrazione della ricchezza da parte di una minoranza già ricchissima e il risultato è l’impoverimento di buona parte della popolazione che vede tagliati i servizi e le pensioni”, oltre che abbassarsi pesantemente la remunerazione del lavoro e le occasioni di lavoro. Saskia Sassen sostiene che “qualcosa di simile avvenne nel passaggio dal Medioevo alla modernità, quando si formarono gli stati nazionali,”fu quello un’altro grande mutamento epocale”.

Nel tempo di questo cambiamento epocale, mai come oggi il mondo è stato un gigantesco ammasso di merci. Sempre più si diffonde la convinzione che il degrado ambientale, se non cambieremo radicalmente il consumo di risorse per produrre nuove merci, porterà presto il nostro pianeta al collasso. A quali merci col nostro disegno dovremo dare bellezza e procurare consenso, se ci sembra inumana questa espropriazione di ricchezza e ci sembra atto suicida e immorale verso le nuove generazioni o, per lo meno, per quanto si possa esser cinici, poco entusiasmante continuare a collaborare a quell’incremento di produzione di merci di lusso o di massa, che distrugge il pianeta su cui viviamo e vivranno?

E’ troppo difficile e frustrante progettare senza entusiasmo e a me sembra che il “progetto”, in un ‘epoca di cambiamenti epocali sia un “fare” entusiasmante perché dà per lo meno la grande speranza che un mondo migliore sia progettabile e realizzabile. Nelle molte negatività del presente impariamo a vedere i segni innovativi, i tentativi seppur minoritari anche negli ambiti della nostra disciplina, che ci facciano intravedere la direzione di questo cambiamento. Segni che già esistono vitali, accettiamoli anche e proprio perché ci impongono la rimessa in discussione dei nostri saperi e delle nostre discipline del progetto e ci fanno intravedere futuro. Al cambiamento più o meno epocale si può sempre reagire con la speranza e la pigra attesa che presto tutto ritornerà come prima.

A me sembra molto più entusiasmante cercare di prendere in corsa il treno dei molti cambiamenti auspicabili. Ho messo insieme materiali appunti, annotazioni ancora grezze e su cui molto ancora occorre studiare approfondire e meglio capire. Ci sono molte domande a cui mi piacerebbe dare non una risposta individuale ma il più possibile condivisa, propongo il tutto, domande comprese, su una nuova rivista di design (“Pli”) come testi da discutere, soprattutto con i giovani lettori perché anche se si lamentano giustamente che non hanno futuro, un loro futuro devono impegnarsi a cercarlo. Non dimentico che questa rivista è promossa da una scuola di design, spero che questi giovani col loro vissuto, col loro bisogno di apprendere rispondano in questa stessa rivista, alle mie molte provocazioni e domande e mi aiutino così a rendere meno grezzi, più vicini alla loro realtà, questi miei materiali sul progetto della merce.