L’Italia che ce la fa

Dieci verità sulla competitività italiana

di Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison –

Solo 5 paesi al mondo possono vantare un surplus commerciale manifatturiero superiore a 100 miliardi di dollari. L’Italia è uno di questi. C’è un paese in Europa che attira più turisti cinesi, statunitensi, canadesi, australiani e brasiliani di ogni altro. E’ l’Italia. C’è un paese che primeggia in quanto ad efficienza ambientale – meno CO2 e meno rifiuti – delle proprie imprese: è l’Italia. E c’è un Paese che durante la crisi globale ha visto il proprio fatturato estero manifatturiero crescere più di quello tedesco. Questo paese è l’Italia.

Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison hanno presentato oggi alla stampa, italiana ed estera, le proprie 10 verità sulla competitività italiana: una risposta a tanti luoghi comuni che – questo dicono le cifre illustrate da Marco Fortis, vicepresidente Fondazione Edison, e Ermete Realacci, presidente di Symbola  – “non rendono giustizia al nostro Paese e rischiano di distogliere l’attenzione dai suoi reali problemi”.

L’Italia, spiegano, “è certamente in crisi, una crisi profonda nonostante i timidi segnali di ripresa del Pil. Ma non è un paese senza futuro”. Deve affrontare problemi “che vengono da lontano, e che vanno ben oltre il pesante debito pubblico: le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia spesso persecutoria e inefficace”. Ma ha anche energie e potenzialità enormi: “Talenti invidiabili e invidiati che, nonostante tutto, ne fanno uno dei Paesi più competitivi al mondo”.

Infatti:

[Verità 1] L’Italia è uno dei soli cinque paesi al mondo che vanta un surplus manifatturiero sopra i 100 miliardi di dollari. In compagnia di grandi potenze industriali come Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud. Mentre Francia (-34 mld), Gran Bretagna (-99) e Usa (-610) vedono la bilancia commerciale manifatturiera pendere al contrario (dati Wto) ;

[Verità 2] Le imprese italiane sono tra le più competitive al mondo. Su un totale di 5.117 prodotti (il massimo livello di disaggregazione statistica del commercio mondiale) nel 2012 l’Italia si è piazzata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero in ben 935 (dati Istat, Eurostat, Un Comtrade);

[Verità 3] L’Italia è tra i paesi avanzati che, nella globalizzazione, ha conservato maggiori quote di mercato mondiale. Mantenendo, dopo l’irruzione della Cina e degli altri Brics, il 71% delle quote di export rispetto al 1999: come gli Usa, mentre il Giappone le ha viste ridotte al 67%, la Francia al 61%, la Gran Bretagna al 55% (dati Wto);

[Verità 4] Il modello produttivo italiano è tra i più innovativi in campo ambientale. Per ogni milione di euro prodotto dalla nostra economia emettiamo in atmosfera 104 tonnellate di CO2, la Spagna 110, il Regno Unito 130, la Germania 143. Siamo più efficienti anche nel campo dei rifiuti: con 41 tonnellate ogni milione di euro prodotto distanziamo di parecchio anche la Germania (65 t). Non solo, siamo campioni europei nell’industria del riciclo: a fronte di un avvio a recupero industriale di 163 milioni di tonnellate di rifiuti su scala europea, nel nostro Paese ne sono state recuperate 24,1 milioni di tonnellate, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi europei (in Germania ne sono state recuperate 22,4 milioni di tonnellate). Nulla da stupirsi dunque, se il  sistema produttivo italiano è anche quello che guida la “riconversione verde” dell’occupazione europea: secondo l’Eurobarometro della Commissione UE entro la fine del 2014 il 51% delle PMI italiane avrà almeno un green job, una quota superiore a quella media europea (39%) e ben al di sopra di quella del Regno Unito (37%), della Francia (32%) e della Germania (29%; fonte: dati GreenItaly 2013);

L’Italia è, nell’eurozona, la meta preferita dei turisti extraeuropei. Siamo il primo paese per pernottamenti di turisti extra Ue, con 54 milioni di notti. Siamo la meta preferita di paesi come la Cina, il Brasile, il Giappone, l’Australia, gli Usa e il Canada (dati Eurostat);

[Verità 6] La zavorra del Pil italiano non è certo la competitività dell’industria, ma il crollo della domanda interna – la cui responsabilità va cercata, tanto in Italia quanto in Europa, in una interpretazione dogmatica dell’austerity. Il fatturato interno dell’industria manifatturiera italiana ha perso il 15,9% rispetto al 2008, contro lo 0,3% della Germania e a fronte di una crescita del 4,6% in Francia. Mentre sui mercati esteri per dinamica del fatturato industriale abbiamo addirittura battuto la Germania: +16,5% contro +11,6% (dati Eurostat);

[Verità 7] La crescita degli altri paesi non è fatta di sola competitività, ma anche di debito. Un ruolo decisivo, infatti, lo ha avuto proprio l’aumento del debito: quello aggregato (pubblico e privato) dell’Italia è cresciuto del 61% rispetto al Pil tra il 1995 e il 2012, mentre quello francese cresceva dell’81%, quello britannico del 93%, quello spagnolo del 141% (dati Eurostat) ;

[Verità 8] Dagli inizi degli anni ’90 ad oggi la ‘quota di mercato’ dell’Italia nel debito pubblico totale dell’eurozona è costantemente calata: insomma, non siamo il malato d’Europa. Infatti il peso del nostro debito pubblico rispetto al totale del debito pubblico europeo è sceso dal 28,7% del 1995 al 22,1% del 2013 (dati Commissione Europea);

[Verità 9] Considerando il debito aggregato (Stato, famiglie, imprese) l’Italia è uno dei paesi meno indebitati al mondo: quello italiano, nonostante crisi e austerity non siano state indolore nemmeno per le famiglie, pesa il 261% del Pil. Quello del Giappone il 412%, quello della Spagna il 305%, quello britannico il 284%, quello degli Stati Uniti il 264% (dati Banca d’Italia) ;

[Verità 10] Dal 1996 ad oggi l’Italia ha prodotto il più alto avanzo primario statale cumulato della storia: 591 miliardi di euro correnti, ben 220 miliardi in più della virtuosa Germania (dati Commissione Europea);

“All’estero, ma anche e soprattutto in Italia, dove persiste la pessima abitudine di piangersi addosso, resta una percezione sbagliata del reale stato di salute del made in Italy e del Paese”, spiega Marco Fortis, vicepresidente di Fondazione Edison. “Si pensa, sbagliando, che la bassa crescita dipenda da una perdita di competitività. Niente di più falso: la competitività negli ultimi anni ha avuto ben poco a che fare con la crescita del Pil, che in molti paesi è stata drogata dai debiti pubblici e privati. Si dimentica, invece, che l’Italia ha il più basso debito delle famiglie del mondo avanzato, che è tra i paesi leader nella manifattura, nel turismo, nell’agricoltura. Il made in Italy è qualcosa di straordinario di cui dovremmo tutti essere orgogliosi”.

“L’analisi non superficiale dei numeri dell’Italia – commenta Claudio Gagliardi, Segretario Generale Unioncamere – dimostra la straordinaria capacità delle nostre imprese di essere competitive sui mercati internazionali. La forza dell’Italia non è nella standardizzazione dei grandi numeri ma nella qualità di un’offerta altamente specializzata, che troviamo soprattutto nelle filiere e nei distretti che ci fanno grandi nel mondo: il saldo attivo commerciale italiano si concentra quasi interamente nelle province distrettuali. È da qui, da questo modello di sviluppo tutto italiano che si è affermato anche grazie al ruolo di istituzioni economiche territoriali come le Camere di commercio, che bisogna ripartire per ragionare di ripresa e di nuova politica industriale”.

“In queste 10 verità – sottolinea Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola – c’è ben più che una replica a tanti falsi luoghi comuni. C’è un’idea di futuro per il nostro Paese e per l’Europa. Esperienze che possono diventare l’avanguardia di un nuovo modello di sviluppo: più sapere e innovazione, anche in settori tradizionali, meno risorse consumate e meno inquinamento, con ambiente e green economy che diventano driver del cambiamento. Su questo terreno l’Italia è in campo ed è forte se asseconda la propria vocazione a produrre bellezza e qualità, se riconosce i propri talenti e li accompagna con la ricerca e le nuove tecnologie. Non è affatto una sfida facile né scontata:  per farcela, l’Italia deve fare l’Italia”.