Parlando solo di calcio

Come cambia la società italiana

di Angelo Ariemma –

Come nei film dove si enuncia che ogni riferimento a fatti reali è puramente casuale, questo “Parlerò SOLO di calcio” fa della vicenda del calcio-scommesse l’emblema della situazione in cui versa il nostro paese. Infatti non possiamo non vedere come il berlusconismo si sia formato nelle televisioni private, si sia radicato attraverso il calcio, per arrivare infine alla politica.

Il risultato è stato devastante per il costume e la moralità del paese, perché è andato a incidere proprio sulle grandi passioni che da sempre hanno animato l’esistenza del nostro popolo: come nel mito di Re Mida tutto è stato trasformato in oro, ma tutto è divenuto immangiabile.
Ricordiamo lo slogan della sua (metafora appunto calcistica): col suo governo saremmo diventati tutti ricchi; invece ci ritroviamo tutti più poveri (e non solamente di danaro, ma anche di quelle passioni prima così vitali), tranne quei pochi (suoi accoliti e non) che hanno approfittato della corruttela dilagante.
Tito Boeri, pur sotto la metafora del calcio, è molto chiaro in questo: “In primo luogo, il potere mediatico accentua le differenze nel potere sportivo, laddove la bellezza della competizione sportiva richiederebbe che non ci sia troppo squilibrio di forze in campo. In secondo luogo, c’è un problema di corretto funzionamento dell’informazione sportiva. Sarà un caso, ma in Italia le denunce di comportamenti illeciti e di frodi calcistiche (a partire dallo scandalo di Calciopoli) non vengono quasi mai dal giornalismo sportivo. I giornalisti tv sono specializzati per squadra, anziché per attività sportiva, e avendo il potere di influenzare le opinioni dei tifosi, in qualche caso hanno pensato bene di usarlo per convincere gli arbitri a non essere troppo severi con la <> squadra di riferimento” (pp. 38-39).
Il discorso è totalmente trasferibile alla situazione socio-politica: un potere mediatico in mano a un’unica persona (il famigerato conflitto d’interessi mai sanato); un’informazione quasi totalmente asservita a quei poteri che la finanziano e la fanno sopravvivere: tutto mischiato in un unico calderone, dove politica, informazione, affari, si tengono la mano per convincere il popolo, disinformato e diseducato, a seguirli in scelte che sono state a vantaggio solo di pochi ; mentre l’intera società si è impoverita economicamente, culturalmente, moralmente. Altrimenti non si giustifica come dei giovani sportivi, che hanno già la fortuna di lauti guadagni, siano poi disposti a truccare le partite per guadagnare ancora di più.
Gli altri punti evidenziati da Boeri nel calcio, ma tranquillamente traducibili all’intera società, sono: la disattenzione verso i giovani e il ricambio generazionale, come nel calcio le società hanno abbandonato le loro scuole calcio per affidarsi ai grandi campioni stranieri, che richiamano gli abbonamenti alla pay-tv, così la scuola e l’università sono stati impoveriti di valori formativi e culturali; ci troviamo così nel paradosso, già in fondo denunciato da Pasolini (che con la sua sensibilità aveva visto più lontano di tutti noi), di una scolarità di massa che rende le persone più di quanto fossero i nostri genitori quasi analfabeti.
L’eccessiva sperequazione di trattamento economico tra persone che esercitano lo stesso lavoro e tra persone che lavorano nella stessa azienda: si crea così disagio e inefficienza a tutti i livelli, dagli amministratori, spesso divenuti tali non per propri meriti, e che mai subiscono le conseguenze delle loro scelte, anzi vengono premiati con ricche buonuscite; a tutti gli altri che lavorano in condizioni disagiate e senza prospettive di valorizzazione del proprio lavoro.
Gli organi di controllo che dipendono dalle stesse società che dovrebbero controllare: questo tanto più evidente nel settore economico, dove le stesse persone siedono nei consigli di amministrazione e nelle istituzioni di controllo.
In definitiva Tito Boeri ha parlato solo di calcio, ma ci ha consentito aperte riflessioni sui mutamenti verificatesi non solo nel calcio ma nell’intera società italiana.