Pompei e Agrigento: la tutela del patrimonio archeologico

Dopo Pompei, Agrigento: un crollo dopo l’altro

di Rossella Aprea

Il centro storico di Agrigento non puó piú aspettare

Dopo Pompei, un’altra denuncia e un’altra richiesta di aiuto arrivano da Agrigento. Il sindaco Marco Zambuto già nello scorso mese di marzo aveva inviato una lettera al presidente del Consiglio, Berlusconi e al presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, dopo il crollo del vecchio istituto scolastico Schifano. “Il centro storico di Agrigento non puó piú aspettare” denunciava allarmato il sindaco, ma nulla è accaduto in questi mesi.

Il video inserito è abbastanza eloquente sul disperante stato di dissesto della zona.

Questo ha portato a disporre alcune settimane fa la demolizione di parte della cinquecentesca chiesa dell’Itria nel centro storico della città, a seguito delle rilevazioni dei tecnici e della Soprintendenza che ne hanno decretato lo stato pericolante. L’ex chiesa rischia infatti di crollare su via Duomo e rappresenta dunque un grave pericolo per la sicurezza pubblica. Verrà abbattuto l’ultimo piano della struttura sconsacrata e di proprietà privata. Nonostante si tratti di un bene monumentale, risalente al Cinquecento, prevale la volontà degli esperti di privilegiare l’incolumità e la sicurezza della popolazione. L’alternativa alle operazioni di abbattimento potrebbe essere rappresentato soltanto dalla chiusura al traffico della via Duomo, con il conseguente isolamento della cattedrale, del seminario arcivescovile e di centinaia di abitazioni della zona, che diverrebbero irraggiungibili.

Quarantacique progetti ignorati negli ultimi tre anni

Il sindaco ricorda i 45 progetti per il centro storico di Agrigento presentati nel corso degli ultimi tre anni alla Regione Siciliana e prosegue “Nel caso in cui li avessero smarriti siamo pronti a darglieli nuovamente. Si tratta di progetti di riqualificazione, tra questi c’era anche quello che riguardava Palazzo Lo Jacono Maraventano crollato, disponiamo di soli 10 mila euro, per questo ritengo che si debba immediatamente intervenire dando i fondi necessari ad Agrigento”.

I movimenti franosi cominciano ad interessare anche la Cattedrale di San Gerlando e il palazzo arcivescovile, insieme a tutto il gruppo architettonico che insiste sul costone roccioso, visibilmente fessurato. Da queste parti oltre alla beffa del ’66 sui fondi mai investiti nelle ricostruzioni, a causa di cattive gestioni comunali, la gente ha vissuto anche l’inganno della famosa “cricca”: Anemone, Balducci & co. intervenuti nel 2007 con urgenti opere di consolidamento che oggi, a soli quattro anni, appaiono insufficienti ed inefficaci. Agrigento attende a ragione e di diritto l’interesse dell’amministrazione pubblica, soprattutto in relazione all’impiego dei cinque milioni di euro che si pretende, questa stavolta, vengano investiti nel modo migliore. Ma il Paese da mesi si occupa di tutt’altro, e men che meno del proprio patrimonio artistico. Quanti altri gioielli artistici e archeologici stanno cadendo a pezzi, trascinando con sè il nostro futuro e la nostra economia?