Milano e Torino: due città a confronto

Città che muoiono e (a volte) risorgono: la Milano dell’Expo guardi Torino

di David Bidussa

Ci sono buoni motivi per cui se dovesse guardare al futuro, oggi Milano dovrebbe cercare di riflettere su Torino e cercare di capire che cosa lì ha funzionato in questi anni e dunque che cosa consente a un sindaco uscente di passare il testimone al candidato della sua parte politica, mentre a Milano, forse, potrebbe non accadere.

Si potrebbe banalmente osservare che il confronto è tra destra e sinistra, tra una parte che guarda al benessere individuale e una che si pone come obiettivo il bene comune. Non credo che sia una distinzione efficace. La stessa parte politica che vince a Torino è in affanno in altre realtà (basterebbe guardare Napoli, Bologna, dove pure vince). La questione è molto più radicale e riguarda un’idea di città che si ha in testa e la capacità di sfruttare le opportunità che si hanno. È indubbio che Torino ha attraversato una lunga crisi tra gli anni 80 e gli anni 90 e che le Olimpiadi del 2006 siano state l’opportunità di ripensarsi dopo la città industriale, riscrivendo un modello urbano che ha voluto dire: pedonalizzazione del centro; costruzione di una linea di metropolitana tecnologicamente all’avanguardia; organizzazione di spazi museali, riqualificazione del centro. In breve una riappropriazione dello spazio pubblico da parte dei cittadini che oggi hanno luoghi, momenti, occasioni, e soprattutto un’offerta che non li costringe a casa, o a stringersi sui marciapiedi. Infine una vivibilità che consente a tutte le fasce di età (dai bambini ai nonni) di muoversi nelle sue strade fino a tarda sera. Non è un risultato di per sé ascrivibile alla sinistra. Una intelligente amministrazione di centrodestra che non costruisse tutta la sua propaganda politica sul doppio principio di far provare paura e di indicare poi chi incolpare, avrebbe tutte le capacità di seguire le stesse orme. Milano, peraltro, avrebbe anche l’opportunità segnata da un’occasione come l’Expo per intraprenderla, ma dovrebbe uscire dal suo guscio e valutare che cosa è accaduto negli ultimi venti anni nelle città che erano morte e che sono improvvisamente risorte.