Ricette per un New Deal condiviso

I nuovi indicatori e la rete

di Francesca Perinelli –

Ha smesso di farmi ridere chi dà tutte le colpe dell’instabilità politica di questi mesi alla rete. Ha smesso dopo che ho visto, in tre giorni di fuoco, frantumarsi il PD, lo storico partito che formalmente aveva vinto le elezioni politiche, per ben altri motivi che una valanga di tweet, e subito dopo, vuoi per una somma di eventi tragicomici, vuoi per immaginabili macchinazioni, o per influenze “esterne”, bloccarsi sul congelamento della situazione preesistente, quella che aveva scatenato il ricorso alle elezioni dello scorso febbraio.

Ha smesso perché, il giorno dopo il pasticcio che ha portato all’acclamazione del Napolitano bis, dai media (e dal PD, va detto) si sono levati cori unanimi di protesta contro, nientedimeno che la rete.

In effetti, questa veicola messaggi in modo molto diverso da quello tradizionale: non più decisioni “calate” da una minoranza di strateghi istituzionali sopra una maggioranza passiva e silenziosa, ma una somma di temi condivisi tra il mondo “reale” e quello istituzionale.

Non è quindi difficile riconoscere ai social network il valore di una ribalta politica, per sua natura non immune da strumentalizzazioni. Eppure, pur costituendo il principale amplificatore della voce del singolo cittadino oppresso dalla crisi, non si può dire che finora Twitter e i suoi fratelli abbiano dimostrato di disporre di fruitori del tutto consapevoli e in grado di organizzare campagne rilevanti. E, quando ne sono stati influenzati i politici più giovani, anche questi sono sembrati seguirne passivamente le derive schizofreniche, piuttosto che rielaborarne i messaggi in modo strutturato e utile. Evidenti punti di debolezza, che a mio avviso scagionano il web dall’accusa di aver scatenato direttamente i terremoti in atto nel nostro paese.

Detto per inciso, smettendo di riderne, inizio a temere quest’ansia di zittire l’anello più debole, come ambasciatrice di tempi ancora più difficili del presente.

Se ci fosse un serio interesse a cogliere gli spunti che emergono dalle evoluzioni culturali in corso, si studierebbe il modo di metterle a frutto e inglobarle entro nuovi metodi di governo. La cittadinanza pur parcellizzata, attraverso la rete compie un gesto politico rilevante nel mettere a disposizione delle Istituzioni (presenti anch’esse in rete) degli elementi utili, simili a indicatori statistici, a indirizzarne le scelte. Ma per questi nuovi “indicatori” non sono state realizzate chiavi di lettura aggregata, collegabili o di ispirazione a qualsivoglia obiettivo di politica economica. E si spera, soltanto a causa della proverbiale lentezza italiana nell’adeguamento alle innovazioni.

Allontanandosi dai social network, è però possibile scorgere un barlume di speranza in un fattivo coinvolgimento della società civile nella fruizione e nella discussione di obiettivi e metodi per il cambiamento.

Per motivi professionali, lo scorso 18 aprile sono stata tra il pubblico dei lavori preparatori dei prossimi Stati Generali della green economy , indetti a Roma dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile  che riunisce attorno a tavoli di lavoro imprenditori uniti dall’obiettivo di sostenere il paese nell’uscita dalla crisi. Persone ovviamente interessate al profitto, ma anche convinte che il cambiamento sia possibile solo integrando le tematiche economiche con quelle sociali e della sostenibilità ambientale.

I lavori hanno avuto l’autorevole imprimatur di Jean Paul Fitoussi, professore di economia all’Insitut d’Études Politiques de Paris, titolare di un curriculum di massima rilevanza , nonché tra i protagonisti del “dibattito corrente di politica economica, in particolare sui temi dell’integrazione economica e della transizione”.

La disoccupazione è antidemocratica

Parola di Fitoussi, che in un videomessaggio ha sottolineato la necessità di soluzioni urgenti da parte del Governo che si insedierà dopo l’elezione del Presidente della Repubblica. Soluzioni che prevedano coraggiosi investimenti sull’innovazione.

L’economista ha affermato che la disoccupazione di massa mette fine all’uguaglianza dei cittadini davanti al lavoro. E ha ricordato che l’austerità, generando disoccupazione, apre la strada a derive populiste che, la storia insegna, una volta intraprese risultano di difficile contenimento.

La platea ha ascoltato sospirando il suo auspicio di escludere definitivamente il ricorso a politiche di austerità, e di affrontare l’attuale emergenza attraverso scelte che contengano pure un certo margine di rischio, purché debitamente analizzato e circoscritto entro limiti sostenibili.

Per Fitoussi, in Italia è ancora presente un buon capitale umano e sociale, da tutelare e incentivare con le stesse attenzioni riservate al capitale privato e pubblico.  Ha sostenuto che sono sperabili investimenti in direzione del benessere della popolazione e della sostenibilità ambientale, che portino ricadute anche su crescita ed occupazione, in Italia conme in altri Paesi – che, va detto, godono di maggiore libertà di scelta -, come ad esempio il Giappone, che di recente ha varato un piano di rilancio dell’economia nazionale basato su un forte aumento di liquidità, e ottenuto imemdiate ricadute positive sui mercati e nelle esportazioni, con l’obiettivo finale della ripresa dell’imprenditoria e della domanda interna. Il pensiero trainante, in definitiva, dev’essere quello che le generazioni future abbiano chance almeno uguali a quelle precedenti. affinché le generazioni future abbiano chance almeno uguali a quelle delle precedenti.

Ma perché mi devo occupare delle generazioni future? Cosa hanno fatto loro per me?

Con questa citazione di Woody Allen (**) (il quale a sua volta riprendeva Groucho Marx), Enrico Giovannini, Presidente dell’Istat e uno dei “10 saggi”, ha considerato come la dimensione della sostenibilità richieda il ricorso all’altruismo, un elemento presente nella natura umana in modo altalenante (dipende, insomma da quanto la pancia di un individuo è piena).

Giovannini, partendo dalla considerazione che il ruolo originale della statistica fosse quello di interpretare l’incertezza, propone un cambio semantico negli obiettivi delle politiche economiche. Il concetto di “Sostenibilità” allontanerebbe nel tempo la soluzione, non più rimandabile dei problemi contingenti, e la statistica rischia di diventare il principale ostacolo alle riforme, poiché i politici hanno la tendenza a impegnarsi concretamente soltanto su programmi dall’orizzonte temporale vicino. E, metterli sotto pressione per la realizzazione di un futuro Sostenibile, produrrebbe una paradossale resistenza al cambiamento.

Sarebbe meglio, allora, sostituire tale termine con “Vulnerabilità”, operando una distinzione semantica che si riflette nel passaggio da una statistica forecasting, ad una nowcasting.

Giovannini afferma che, anche nei confronti degli indirizzi economici e sociali, sia necessario facilitare il processo di centralizzazione del cittadino, già consolidato in altri piani della società, e che l’attuale immobilità politica è frutto dell’assenza del cittadino dalla scena decisionale.

Come Fitoussi, anche Giovannini vede necessaria la valutazione e l’assunzione di una dose di rischio nelle decisioni prese dalle autorità. Giova valutare, ad esempio, il costo del capitale umano che ogni giorno va perduto per colpa della disoccupazione.

L’ISTAT ha sviluppato modelli econometrici che tra poco verranno estesi anche all’area ambientale ed energetica, in modo da fornire al Parlamento elementi utili alla valutazione dell’effetto delle politiche non solo sul default, ma anche sul cambiamento.

I modelli utilizzati devono aiutare a ragionare in modo integrato tra ambiente, attualità ed economia.

L’ISTAT rende pubblici questi dati e li aprirà a breve a personalizzazioni, realizzando una sorta di Open Source statistico.

A questo scopo è stato concepito il progetto per la misura del Benessere Equo e Sostenibile (BES), presente sul portale http://www.misuredelbenessere.it/ sul quale CNEL e ISTAT individuano 12 indicatori (navigabili cliccando in homepage su “Visualizza gli indicatori”) che descrivono, in parole povere: 1) Da dove veniamo, 2) Dove vogliamo andare.

A questi indicatori macro sono stati legati altri indicatori a scala micro, relativi alle imprese, in modo da consentire la formazione di benchmark rispetto ai quali confrontare l’evoluzione di ciascuna impresa rispetto al settore di riferimento e agli altri competitor.

La consapevolezza raggiunta dalla consultazione di tali dati, secondo Giovannini può contribuire a esercitare una “pressione” positiva sulle imprese, indirizzarle a scelte consapevoli, e può allo stesso tempo migliorare la percezione sociale degli obiettivi di grande scala rapportati a quelli a scala domestica (es: la detrazione del 55% su alcuni interventi di efficientamento energetico, collegati al miglioramento ambientale e alla riduzione della dipendenza dalle fonti energetiche tradizionali che l’Italia persegue dando attuazione a direttive europee).

Contro l’immobilismo politico degli ultimi vent’anni si è scagliato anche Fabrizio Barca, alla data del convegno ministro uscente del Governo Monti, che individua nella mancata revisione dei vincoli imposti dall’UE sul rispetto del Patto di Stabilità il principale ostacolo al superamento della crisi.

Anche per Barca sono fondamentali per la ripresa l’apertura di un dibattito pubblico sulla ripresa della produttività e dell’innovazione e l’attuazione di politiche improntate ad una sperimentalità “controllata”. Scongiurando in questo modo le compensazioni a posteriori finora richieste dalle imprese non in grado (quasi mai per colpe proprie) di adattarsi al cambiamento del mondo circostante.

 

Barca ha reso noto che sul portale http://www.coesioneterritoriale.gov.it/ il progetto Opencoesione rende pubblici i dati relativi agli investimenti programmati nel ciclo 2007-2013 da Regioni e Amministrazioni Centrali dello Stato. È a disposizione del cittadino la verifica dell’attuazione degli investimenti attraverso il confronto tra i risultati attesi e gli indicatori di attuazione. Mentre sul sito del CIPU (Comitato Interministeriale per le Politiche Urbane) sono indicate le linee di indirizzo che verranno consegnate al prossimo Governo, circa la politica nazionale per le città, e che fanno leva su almeno 3 miliardi di fondi Ue cui si dovranno aggiungere altri cofinanziamenti nazionali (***). Sono già costituiti dei tavoli di lavoro con Regioni e Sindaci, che utilizzano le griglie condivise sui temi individuati.

L’ex ministro ha espresso l’idea che la chiave per la svolta non possa più, come in passato, trovarsi nelle mani di pochi individui, e che l’attuale modalità di condivisione e diffusione delle idee nella popolazione (l’amata e temuta rete) porta all’espressione di preferenze articolate che mandano in tilt un sistema ancorato ai vecchi schemi di funzionamento. Di conseguenza, le azioni di politica economica vanno disegnate anche senza poterne prevedere compiutamente l’impatto. La prima regola è che la norma potrà essere modificata durante la sua attuazione, ma che in sostegno delle decisioni “rischiose”, devono essere predisposti indirizzi generali forti e immutabili.

L’esempio che è tornato più direttamente utile era seduto in platea, tra quelle idee che vengono sviluppate da cinque anni dai gruppi di lavoro della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.

L’incontro si è svolto mentre era in corso il primo turno della votazione parlamentare per l’elezione del Presidente della Repubblica. Il Paese fremeva nell’attesa, ma in questa sala dell’Hotel Quirinale a Roma, tra imprenditori dalla coscienza etica e amministratori della Cosa Pubblica che hanno esibito un mai abbastanza scontato senso dello Stato, ho assistito, forse, al germogliare di qualcosa che sulla carta potrebbe aiutare a far risorgere almeno l’idea di democrazia partecipativa.

Uscendo dall’assemblea ho osato sperare che, unendo le forze attorno ai nuovi indicatori, social o istituzionali, si possano mettere in atto strategie concretamente utili.

Resta da vedere quanto questi sforzi resisteranno ai prevedibili assalti di coloro che, in buona o cattiva fede, proprio non riescono a digerire le novità o che coprono, chissà quanto consapevolmente, le proprie débacle, agitando il pugno contro la libera circolazione delle idee.

 

*) Dal Dizionario Hoepli: New Deal, “Complesso di provvedimenti di politica economica, che prevedevano l’intervento attivo dello Stato nell’economia e ampie misure assistenziali, adottati da F.D. Roosvelt nel 1933-34, per superare la grande crisi esplosa nel ’29 negli Stati Uniti

**) in un intervento rintracciabile anche sul web all’indirizzo http://www.fondazionegorrieri.it/UserFiles/File/Libretto%20Gorrieri%20ENRICO%20GIOVANNINI.pdf

***) Articolo di Giorgio Santilli – Il Sole 24 Ore: http://24o.it/BycTX