Vivere un sogno con l’aiuto di un Master

di Francesca Perinelli

C’è chi subisce il precariato, e chi affronta il rischio di conviverci per inseguire un sogno, inventandosi un modo di lavorare unico e particolare, valorizzando la propria formazione professionale e il proprio talento naturale. La storia esemplare di Pietro Olla, ingegnere clown, impegnato con passione nella divulgazione scientifica attraverso il progetto Circoscienza portato nelle scuole e finanziato dalla Regione Sardegna e dall’Unione Europea, ci rappresenta i disagi anche di chi ha cercato coraggiosamente strade alternative, non rinunciando alla qualità e all’appagamento nel proprio lavoro.

Quando ho raccolto l’invito di Lib21, non ho potuto fare a meno di pensare a Pietro e al suo singolare processo di crescita lavorativa. È quasi la vigilia di Natale, ma è anche la vigilia dell’approvazione definitiva in Senato della manovra cosiddetta Salva Italia. Sul nostro Paese incombe la recessione, si ripensa allo Statuto dei lavoratori e all’introduzione di ammortizzatori sociali. Ci incontriamo virtualmente su Skype. A Roma è già buio pesto, mentre intravedo alla finestra dell’appartamento di Cagliari gli ultimi bagliori del tramonto. Pietro ha una gran voglia di parlare, lo faccio andare a ruota libera.

“Mi chiamo Pietro Olla, sono nato nel ’72, sono quindi alla soglia dei 40 anni. Ho un bambino nato un anno e mezzo fa. Vivo a Cagliari e mi sono formato in giro per l’Europa dopo una laurea in ingegneria elettronica all’università di Cagliari, presa nel 2000. Per circa un anno e mezzo a Roma ho fatto il lavoro più brutto della mia vita (ma anche una delle esperienze più importanti e interessanti). Nel 2002 ho mollato una carriera sicura. In Tiscali e nelle imprese del suo indotto tutti i miei colleghi hanno trovato spazio; c’era pure chi se ne andava all’estero o si dava alla ricerca dentro l’Università. I laureati nel 2000, come me, sono quelli che oggi hanno un lavoro un po’ più stabile, se si sono mossi bene. Però magari son tristi, perché non c’è soddisfazione. Così sono circondato da gente infelice o precaria, e spesso le cose non vanno insieme perché spesso i più infelici … (ci interrompiamo, il bimbo prende a piangere) …. Eccolo qua, il più infelice di tutti! Ma per ben altri motivi.

Sono tornato a Cagliari, per amore e senza nessuna prospettiva professionale. Ho iniziato una lunga serie di piccoli e brevi lavori, nel 2002 già facevo girare le tre palline, avevo un approccio autodidatta al circo, sono diventato professionista in quel periodo per necessità, nel senso che facevo girare le palle anche per lavoro, qualche animazione, qualche corso teatrale.

Oggi sono a metà di una borsa di lavoro, un finanziamento della regione Sardegna, che è la seconda fase di un progetto che si chiama Master And Back. Cosa ha fatto la regione Sardegna, del Governatore Soru, circa sette anni fa? Si è inventata un progetto insieme alla Puglia di Vendola. Non so chi ha copiato chi, comunque Sardegna e Puglia in questo momento vedono la nostra generazione leggermente avvantaggiata. Hanno chiesto fondi all’UE, ci pagavano una borsa di studi e un master di uno o due anni al di fuori della regione Sardegna a condizione che al rientro ci cercassimo un lavoro in Sardegna con un aiuto, un’altra borsa, il “Back” appunto.

Tornato dalla Spagna, dove ho fatto il mio master, avevo diritto a questo “Back” perché avevo tutte le condizioni per partecipare alla borsa di rientro. Quindi un anno e mezzo fa sono andato a bussare al comune di Quartu S.Elena. Loro, ovviamente, non avevano idea di cosa fosse un clown didattico né di cosa fosse un ingegnere elettronico che non faceva l’ingegnere elettronico. Ed è finita che ho ottenuto un contratto di due anni, stipendiato dalla regione. Mi occupo di Comunicazione della Scienza e sviluppo un progetto che si chiama Circoscienza, che mette insieme il circo (quindi la mia formazione teatrale e circense) e la scienza, e quindi la passione per la comunicazione e per la diffusione del sapere scientifico, perché io ritengo che sia rivoluzionario il sapere scientifico di per sé e trovare buone strategie per trasmettere l’interesse per la scienza è fondamentalmente il motivo della mia vita professionale.

Nel progetto Circoscienza faccio laboratori didattici per i bambini, spettacoli di strada e teatrali, quasi tutti di carattere didattico, e un corso di formazione per insegnanti e operatori della scuola che io chiamo di Clown Didattico, nel senso che do strumenti teatrali utili per gli insegnanti e per la didattica. Io lo applico alle scienze, però le persone che seguono i miei corsi lo applicano alle loro materie, quali che siano.

Io ho sempre vissuto nel precariato, non conosco altro, non so che cosa significa avere un lavoro fisso ed una prospettiva davanti a me. Non ho una prospettiva, non posso fare un progetto a cinque anni perché non siamo sicuri, né io né mia moglie Rita, fra un anno, di avere uno stipendio. Anzi fra un anno esatto nessuno dei due avrà uno stipendio. Abbiamo delle carriere avviate. Io sto facendo esattamente quello che mi interessa, viaggio per l’Europa a fare i laboratori interattivi, è apprezzato il lavoro del circo e del clown nella didattica anche di tematiche particolarmente complesse, controllo inglese e spagnolo.

Gli altri sono molto lontani dalla mia serenità, dalla mia positività. Facile essere positivo con uno stipendio a fine mese, l’ho avuto per un anno, lo avrò per un altro anno (me lo sarò anche guadagnato se ho un’alta specializzazione formale, la laurea in ingegneria elettronica che ha il suo peso, anche psicologico: “questo fa il clown, parla di scienze, ed è ingegnere elettronico”), per affrontare la crisi mi ritrovo ben protetto.

Le altre persone non hanno lavorato meno di me, anzi, magari hanno faticato anche di più per ottenere di meno. La media delle persone che mi stanno intorno, anche fra quelle che sono partite bene e facilmente, con i genitori che gli hanno pagato gli studi (io penso che questo sia discriminante), chi è riuscito a studiare senza lavorare, magari lo ha fatto in tempi ragionevoli e si è potuto permettere uno o due anni di formazione ulteriore dopo la laurea. Gli altri no. Io vedo il deserto”.

Pietro interrompe il suo lungo monologo, proprio mentre affiora il tema del precariato. Approfitto di questa pausa per sottoporgli le domande che via via mi ha suscitato. (continua)