Multinazionali e lavoro in Italia

Una breve riflessione sul caso Mc Donald’s

di Katia Marcantonio –

La recente inserzione pubblicitaria della multinazionale statunitense corredata dallo slogan “Noi di Mc Donalds nell’Italia ci crediamo, per questo diamo lavoro ad oltre 16.000 persone e ne assumiamo oltre 3.000 nei prossimi tre anni”, ha innescato la solita dialettica tra il Ministro del Lavoro Elsa Fornero e il sindacato dei lavoratori Filcams- Cgil, dalla quale emergono le solite posizioni diverse: per il Ministro, lavorare a tempo determinato da Mc Donald’s è meglio di niente in tempi di vacche magre e di disoccupazione crescente (1), mentre il sindacato porta alla ribalta il tema della qualità occupazionale in McDonald’s sottolineando, nelle dichiarazioni riprese dall’Ansa dell’8 gennaio scorso (www.ansa.it – home page) che la multinazionale si sottrae ad un serio confronto sindacale, a fronte del fatto che l’80% dei lavoratori “ha un contratto a tempo parziale di poche ore settimanali, con l’obbligo di prestare servizio in orario notturno e domenicale/festivo”. Gli studenti-lavoratori sono il 30% della complessiva forza lavoro di Mc Donald’s.
Credo che abbiano le loro fondate ragioni tutte le parti in ballo, i rappresentanti dei lavoratori, la multinazionale, il Ministro del lavoro; tuttavia, proprio alla luce delle rispettive e divergenti posizioni mi chiedo se, in tempi duri come quelli che i più stanno vivendo, non si possa tornare a sviluppare sinergie, nella prospettiva di rilanciare una certa progettualità, ingrediente di disperato e urgente bisogno in periodi di crisi. In particolare, mi chiedo se non sia possibile che a quel 30% di studenti lavoratori assunti a tempo parziale dalla multinazionale non venga offerta, in aggiunta alla mera opportunità attuale di lavoro, anche l’opzione di sostenere, al termine del loro percorso di studi, un colloquio per divenire i futuri manager o nutrizionisti o sviluppatori di idee nuove per il business di Mc Donald’s: in fondo non conoscono già, essendone stati dipendenti, i pregi e i difetti del modello aziendale in questione?
Oltre a questa semplice proposta, ci sono altre vie per mettere in contatto giovani volenterosi, propositivi, valevoli con il management di Mc Donald’s? E il sindacato può fare da ponte per questa migliore o maggiore interlocuzione? E il Ministro del lavoro? Può suggerire formule per sviluppare con le multinazionali sinergie qualificanti per il futuro di lungo periodo dei giovani contrattualmente più deboli?
Se tutti e tre i soggetti menzionati, insieme ad una delegazione di giovani dipendenti a contratto della multinazionale, invece di restare fermi sulle proprie posizioni, si riunissero, su invito del Ministro, davanti a un tavolo, e divenissero interlocutori, volti a costruire percorsi e strumenti per migliorare l’offerta di lavoro delle multinazionali in Italia, sarebbe di certo più faticoso per ognuno fare la propria parte, ma consentirebbe di scovare le sinergie, di provare a coniugare le due dimensioni Glocal e Global (2), di trovare tra le pieghe della conflittualità il germe del nuovo. Di converso, se ogni soggetto non diviene interlocutore attento e paziente dell’altro, rischia di restare ingabbiato nell’interpretazione di un ruolo, al punto da divenire vettore di slogan piuttosto che protagonista di quello slancio al miglioramento, che serve per risalire la china della crisi, facile terreno per l’istinto alla rassegnazione.
A volte, entrando da Mc Donald’s ho visto serigrafie di quadri famosi, spesso esposti in musei di arte contemporanea; avrei molto volentieri pagato qualche euro in più per un breve percorso artistico con una spiegazione essenziale su quelle immagini, sia per prolungare un momento di relax come il pranzo, spesso troppo fugace, sia per avere uno sguardo più consapevole davanti alle versioni originali, da vedere nella loro sede storica in uno dei tanti viaggi di piacere procrastinati. Chissà che qualcuno dei giovani non possa essere occupato a fare da Cicerone in versione easy going per una pillola d’arte tra amici, in famiglia, da soli, dopo un panino con l’hamburger o con scaglie di parmigiano reggiano italiano. In fondo, chi l’ha detto che Mc Donald’s debba essere solo uno spazio per mangiare veloce?
E se la risposta a questa domanda è negativa, possiamo sempre cercare un’altra soluzione un’altra idea o tornare di nuovo a pensare, facendo sì che la conflittualità rompa i recinti degli slogan e sollevi gli sguardi verso orizzonti comuni.

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1) Il dato più recente, diffuso dall’Istat, con riferimento alla disoccupazione giovanile nel mese di novembre 2012, è pari al 37%.
2) In un suo articolo del 9 gennaio pubblicato su Il Corriere Dario Di Vico ha enfatizzato la necessità di capire meglio le relazioni tra “cultura doverosamente cosmopolita del big business e specificità nazionali”.