Pmi, destinazione Vietnam

Storie dell’Italia che ci prova (e ce la fa)

Dall’elenco delle imprese italiane in Vietnam pubblicato dall’Istituto per il commercio estero (Ice) risultano 43 investimenti diretti, con capitale interamente italiano o in joint venture con imprenditori locali. I primi, con oltre i tre quarti delle aziende, sono la grande maggioranza e rappresentano in buona parte il comparto della meccanica. I secondi sono co-investimenti con aziende vietnamite e in un solo caso, una impresa di spedizioni, è coinvolto anche capitale di Singapore.

L’export italiano in Vietnam
Gli investimenti italiani provengono dalle regioni del Centro-Nord, con la Lombardia ben rappresentata da Milano, Bergamo e Brescia. Di Milano sono Mapei, produzione e commercio di adesivi, miscele e altri prodotti chimici per l’edilizia, 38 dipendenti locali e nessun italiano nello stabilimento insediato nel 2005 nel Northern Industrial Park; Metecno, presente dal 1998, pannelli in lamiera d’acciaio per edilizia industriale, 25 addetti tutti vietnamiti; Perfetti Van Melle di Lainate, che con un paio di centinaia di dipendenti vietnamiti e 2 italiani produce le più note tipologie di chewing gum. Vengono da Bergamo Gritti, 230 addetti locali, produzione di bottoni e altri accessori per la moda in un distretto di Binh Duong, e Hung Yen, sempre capitale al 100% italiano, che con 134 lavoratori vietnamiti produce maglieria in strech. Casamadre a Brescia per Givi Vietnam, 230 addetti locali e 1 italiano a fare borse, caschi e altri accessori per motociclette. Genova è presente con il comparto del design architettonico e d’interni e grandi società di spedizione. Giungono da Trieste i capitali investiti da Cafeco e Pacorini nella lavorazione del caffè verde, di cui il Vietnam è tra i primi produttori al mondo. Cospicua è la presenza di imprese friulane, se vi si aggiungono anche Udine, con Legnoluce e Curvatura Friulana, attiva con un partner locale nella curvatura e commercio di legname e, last but not least, Danieli. L’azienda siderurgica di Buttrio ha insediato nel 2007 il proprio stabilimento in un parco industriale in provincia di Ho Chi Minh City, dove i 233 dipendenti locali, affiancati da 25 expat di cui 17 italiani, lavorano alla progettazione di impianti e macchinari per la produzione di acciaio, altre lavorazioni industriali e l’edilizia.

Il primato dell’Emilia-Romagna
L’Emilia Romagna primeggia con la presenza della sua industria meccanica, ben rappresentata da Bonfiglioli, Cae, Datalogic. Per la Toscana, un nome per tutti: Piaggio, con i suoi due stabilimenti, mentre di Fabriano (Marche) è Ariston Thermo.

Oltre agli investimenti diretti sono presenti in Vietnam una trentina di società italiane, quasi tutte con uno, due o al massimo 10 addetti: uffici di rappresentanza, studi legali, ditte di import-export. Spiccano i nomi di Ansaldo S. I., Cae, Intesa San Paolo, Unicredit, Iveco, Menarini, Sacmi, Savio.

Porte aperte in Binh Duong per le piccole e medie imprese dell’Emilia-Romagna. Una nuova area industriale attrezzata di circa 300 ettari, riservata all’insediamento di Pmi emiliano-romagnole, sarà completata entro la fine del 2014 nel grande parco industriale e tecnologico della provincia a nord di Ho Chi Minh City, ex-Saigon, che già ospita altre imprese italiane. Un invito a investire in terra vietnamita rivolto soprattutto al comparto della meccanica strumentale, senza trascurare le filiere dell’arredo, del biomedicale e della moda, che affiancano infrastrutture e turismo ecosostenibile quali settori in cui le nostre aziende possono trovare opportunità di affari. Buone prospettive si aprono in particolare per food-processing e packaging alimentare, in un Paese ricco di risorse ittiche, riso e caffè. Il Vietnam è il secondo esportatore di caffè e primo della qualità robusta arabica a livello mondiale.

Il progetto corona 15 mesi di collaborazione tra l’Emilia-Romagna e il Paese asiatico, aperti con l’accordo operativo firmato tra Regione, Unioncamere Emilia-Romagna e Ambasciata vietnamita della Repubblica Socialista del Vietnam; per l’apertura di un “desk Vietnam” a Bologna, insediato a maggio 2013, che finora ha sostenuto oltre 200 imprese regionali nell’avvio di relazioni di business; scambi di delegazioni di imprenditori e istituzioni. Un tassello fondamentale è la partecipazione dell’Unioncamere Emilia-Romagna in qualità di partner italiano al consorzio Europe Vietnam Business Network, una sorta di “casa delle imprese” che nella capitale assiste le aziende europee interessate a operare nel Far East.Un consorzio con funzione di collegamento, presentato alla fine di giugno a Parma in diretta streaming e in collegamento con Ho Chi Minh City, nella sola tappa italiana del Road Show “Destinazione Vietnam”, approdando il giorno successivo a Bruxelles. Ultima azione il progetto di video-marketing “L’impresa comunica con un Ciak”, prima esperienza al mondo messa in campo da Unioncamere Emilia-Romagna e Ambasciata d’Italia ad Hanoi in collaborazione con Icham, Regione e Associazioni di categoria, per comunicare attraverso un video clip, superando 12 mila km di distanza, le specialità delle singole aziende a una vasta platea di interlocutori: il Vietnam è 15esimo posto al mondo per numero di utenti internet.

Con un aumento del Pil pari al 5% annuo; 91 milioni di consumatori; una classe media sviluppata e redditi annui crescenti (3.591 dollari Usa pro-capite nel 2012, fonte: Ministero degli Affari Esteri) che gli hanno consentito di entrare nel gruppo dei paesi a medio reddito; una domanda in costante crescita di beni di consumo, know-how, formazione e tecnologie, il Vietnam è tra i mercati emergenti del Sud-Est asiatico, un hub per l’area Asean, comunità economica di 10 Paesi con oltre 600 milioni di abitanti che dal 2015 diventerà “Free Trade Area” e sarà una delle più grandi zone di libero scambio al mondo.

“Il Vietnam è la testa di ponte dell’Asean, dunque l’interesse è reciproco – spiega Ugo Girardi, segretario generale di Unioncamere Emilia-Romagna: noi abbiamo bisogno di questo hub per abbattere costi logistici e dazi che per molte Pmi sarebbero proibitivi. Le imprese vietnamite hanno bisogno del nostro know-how e delle nostre tecnologie, in particolare nel comparto della meccanica dove è indubbio il primato dell’Emilia-Romagna, soprattutto per la capacità di personalizzare le produzioni. Ulteriori opportunità saranno facilitate con l’Accordo di libero scambio tra Europa e Vietnam in fase di sottoscrizione”. A rendere appetibile alle nostre Pmi l’insediamento in Vietnam, con i suoi parchi tecnologici attrezzati come quello di Binh Duong al cui interno si trovano anche tre Università, un centro di R&S e un unico Centro Amministrativo per il disbrigo delle pratiche burocratiche, sono vari elementi: impegno in piani di agevolazioni fiscali e di semplificazione amministrativa, stabilità politica; vocazione a sviluppare partnership e scambi tra imprese e interesse ad affinare il know-how anziché incentivare delocalizzazioni; manodopera non costosa e giovane, istruita e affamata di formazione. Girardi sottolinea anche gli aspetti extra-economici che legano i due paesi: un’analoga struttura produttiva, fatta di piccole e medie imprese e non di colossi multinazionali come la Cina; i legami culturali e di solidarietà consolidati nei lunghi anni di guerra, i ricordi del passato, uno stile di vita europeo ereditato dalla presenza francese in Indocina e dalla presenza dei missionari portoghesi. Un Paese dove “i manager di un’azienda italiana che apre uno stabilimento in Vietnam si trasferiscono volentieri con tutta la famiglia”, aggiunge Maily Anna Maria Nguyen di Unioncamere Emilia-Romagna e responsabile del Desk Vietnam, sottolineando che a caratterizzare i rapporti imprenditoriali tra i due Paesi non sono le delocalizzazioni, apertamente scoraggiate dal Governo interessato a far crescere un’industria manifatturiera nazionale, ma investimenti esteri diretti, a capitale italiano o in partnership, per realizzare produzioni o parti di esse, completare filiere, creare un indotto della subfornitura anche per esportare in Paesi terzi. Di fatto, entro il 2020, il Governo Vietnamita ha l’obiettivo di diventare un Paese industrializzato e meta di un turismo sostenibile di elite.
Aziende che effettuano “una internazionalizzazione positiva”, come la chiama Gianni Caruso, segretario generale Fim Cisl dell’Emilia-Romagna. “Le nostre aziende entrano in nuovi mercati magari inizialmente con obiettivi commerciali, ma poi trasformano la loro presenza in centri di produzione per quei mercati. Al contrario di quel che può credere l’uomo comune, andare in Vietnam non vuol dire sottrarre lavoro all’Europa o togliere opportunità di lavoro ai mercati tradizionali, ma sorreggerli aprendo nuove prospettive e sostenendo all’estero le aziende europee che hanno difficoltà sui mercati interni, italiane in particolare. L’azienda si fa globale, va in Vietnam alla ricerca sicuramente di un’area dove il costo del lavoro è più basso, ma soprattutto per accedere a nuovi mercati – cinese, indiano, Singapore, Tailandia, Oceania, Australia – producendo in loco. Questa è la regola” – conclude Caruso, sottolineando che a ciò è finalizzato il lavoro, rivolto soprattutto alle Pmi, che la Regione porta avanti con una “cabina di regia” che coinvolge Unioncamere regionale e Camere di commercio, Associazioni di categoria, fondazioni e istituzioni anche bancarie. I risultati di questa azione di sistema sono concrete e tangibili e la tendenza è in crescita. Lo dicono i numeri. Le esportazioni dell’Emilia-Romagna verso i paesi del Sud Est asiatico negli ultimi 5 anni sono passate dal 25 al 40%, tenendo in piedi l’economia negli anni di crisi. La crescita ha riguardato essenzialmente l’area meccanica: fatto 100 l’export, oggi l’automotive rappresenta il 74% e la meccanica in senso lato con i suoi vari comparti il 70 per cento.

Se tanti sono i punti a favore di un Paese giovane e dinamico con buone prospettive di crescita nel medio-lungo periodo, impegnato in riforme che vanno dalla riscrittura della costituzione per introdurvi principi orientati a una maggiore liberalizzazione del sistema economico e una riforma delle imprese di stato (ma non ancora del sistema di relazioni industriali, caratterizzato dalla presenza del solo sindacato di Stato e dalla totale assenza di sindacati liberi), non mancano i punti negativi: limitato sviluppo del sistema bancario, basso livello di riserve in valuta forte, alta inflazione, eccessi di burocrazia statale, corruzione e, soprattutto, carenza di infrastrutture in particolare nei settori energetico e stradale. Ma anche in queste carenze si annidano opportunità per le imprese italiane, soprattutto se il Governo vietnamita implementa, come annunciato, lo strumento della Public Private Partnership-Project Financing.

Tratto da Conquiste del lavoro, 5 agosto 2014