Pelletteria, lusso senza crisi

Crescita globale per il polo fiorentino di antica tradizione

di Rossella Rossini –

Duecento addetti formati nel 2012 nelle scuole di formazione, duecento assunti nelle aziende di produzione. Sui fabbisogni futuri non si fanno cifre: per non creare illusioni, in un momento difficile per il mondo del lavoro (ma stime ufficiose parlano di 3mila – 5mila addetti in più nei prossimi 3-5 anni). In ogni caso, “se i fatturati tendenzialmente aumentano come dal 2009 a oggi, ci sono ottime prospettive per formare e impiegare nell’arco dei prossimi cinque anni nuova manodopera”.

Lo afferma Franco Baccani, presidente della Sezione Pelletteria della Confindustria di Firenze e titolare di B&G, azienda contoterzista con sede a Lastra a Signa, uno dei comuni che formano il polo fiorentino della pelletteria di lusso: concentrazione di aziende di antica tradizione artigianale, che dal capoluogo toscano s’irradia in un’area che va da Scandicci, Lastra e Impruneta fino alla Val di Sieve e in direzione del Valdarno.
I pellettieri qui ci sono sempre stati, a produrre con grande abilità borse, portafogli, valigie, cinture. Poi la svolta, iniziata negli anni ’90, trainata da Gucci che, con Ferragamo, Prada, Fendi, Céline ha stimolato la crescita e la riorganizzazione produttiva dei laboratori artigiani.
Oggi il polo conta 2.850 aziende per un totale di circa 12.000 addetti. In un decennio la produzione è triplicata, fino a farne uno dei principali poli manifatturieri al mondo nel segmento pellettiero dell’alta qualità. Dell’origine artigiana si è mantenuto il saper fare. Ma oggi la filiera è fatta di contoterzisti dei grandi marchi mondiali del lusso (e da essi talvolta acquisiti), in una catena produttiva articolata in fornitori di primo livello, che prendono la commessa e la modelleria dalla griffe, e subfornitori che lavorano per il primo livello – piccole-medie e piccolissime imprese, spesso con non più di cinque o sei addetti. Alla riorganizzazione produttiva, che ha visto anche il passaggio delle lavorazioni da garage e sottoscala a laboratori e capannoni, si è accompagnato un processo di innovazione tecnologica che ha portato, a sua volta, alla nascita di un polo della meccanica applicata alla lavorazione della pelle: produttori di macchine, ma anche di fibbie, chiusure e altri accessori.
I dati di Confindustria riferiscono di 7 miliardi di euro di fatturato nel 2011, di cui 5 miliardi, oltre il 60%, dovuti all’export e di una ulteriore forte crescita nel 2012, con un aumento stimato al 14% nel primo semestre dell’anno:
L’area non teme la concorrenza della Cina. “Ha destato timori e disagi quando le griffe hanno immaginato di fare grandi guadagni esternalizzando in Cina e in Romania. Poi la competenza e il saper fare delle nostre aziende hanno fatto rientrare le produzioni – dice Baccani – perché il nostro grande valore aggiunto è il Made in Italy”. Il polo si difende con qualità e politiche del marchio, aiutato dalla vicinanza con il distretto della concia di Santa Croce sull’Arno, che fornisce pellami di qualità e gran pregio e sta lanciando il brand “Cuoio di Toscana” a difesa della sua tradizione.
Così chi vuol produrre pelletteria di qualità viene nel polo fiorentino. Lo fanno, da qualche anno, i grandi marchi mondiali della moda, nei cui bilanci cresce il peso degli accessori in pelle: Bulgari, Cavalli, Valentino, Tod’s, Dolce&Gabbana, Trussardi; marchi americani come Ralph Lauren, Marc Jacobs, Tommy Hilfiger; e un lungo elenco di griffe francesi tra cui Cartier, Chanel, Louis Vuitton, Yves Saint Laurent e Dior, prossimo a trasferire a Scandicci, di fronte allo stabilimento Gucci, la divisione Pelletteria Italia (stessa scelta ha fatto Pelletteria Montblanc). Insegne che spiccano accanto a quelle di altre storiche aziende fiorentine come Gherardini, Bojola, Biasia, Nannini, Braccialini, The Bridge.
La corsa non è finita. “Con la crescita a due cifre registrata negli ultimi anni si è creato un vero e proprio distretto della pelletteria che ha caratterizzato il territorio e chi non c’è sta arrivando”, dice Massimo Guerranti, segretario generale della Femca Cisl toscana, sottolineando che a fronte di un tessile-abbigliamento che presenta dati negativi questo è l’unico pezzo del prodotto moda che va e genera occupazione. Sono all’ordine del giorno missioni di marchi di mezzo mondo in cerca di bravi contoterzisti cui affidare le loro linee produttive, magari trasferendole, come già è successo, dalla Cina o dalla Romania.

Insieme si vince

Ma crisi e concorrenza sono sempre in agguato, se non arginate con azioni di rafforzamento organizzativo e produttivo e politiche delle risorse umane. Le prime poggiano sulla costituzione di reti di aziende terziste e della subfornitura, avviata un anno fa. “Il vantaggio primario è il dialogo tra imprese, passo culturale che si traduce in sinergie tra medie e piccole aziende che lavorano per le griffe” – afferma Baccani, spiegando che “l’importante è unirsi, superare la dimensione della piccola azienda per diventare parte di un grosso nucleo produttivo”. Crescono l’appetibilità e la capacità competitiva, le opportunità di accesso a credito e bandi e d’incidere sull’evoluzione normativa; si rafforza la posizione finanziaria; si condividono ricerca e know-how.
Le prime a costituirsi in Rete, con il supporto di Confindustria provinciale, sono state le imprese della filiera Gucci (società controllata dal ’99 dal gruppo francese del lusso Ppr), dando luogo a tre reti specializzate nella piccola pelletteria, borsetteria e valigeria, compresi produttori di macchinari, robotica e una conceria. Altre sono in fase di costituzione, fino a un totale di una decina nel polo della pelletteria. A conferma di vantaggi concreti è giunto di recente l’accordo fra Gucci e Intesa San Paolo, che attraverso Banca Cr Firenze favorirà l’accesso al credito delle imprese che operano nella filiera (oltre 600 le aziende toscane interessate, tra fornitori diretti di Gucci e subfornitori). A trarre forza dalle reti è anche la politica dei marchi e delle certificazioni di qualità e rispetto dell’ambiente, ad ogni gradino della filiera. Emblematica è la scelta di Gucci – racconta Giovanni Gambino, delegato Femca Cisl dell’azienda fiorentina – di consegnare i prodotti ai punti vendita a mezzo di veicoli elettrici.
Quanto alle politiche delle risorse umane, il cardine è la formazione. Avviene a valle dell’azienda capofila, nelle imprese di primo e secondo livello. “E’ qui che si formano le diverse figure del ciclo pellettiero – spiega Gambino – attraverso la formazione garantita dalla rete e per affiancamento dei giovani alle maestranze più anziane”. All’azienda capofila arrivano solo figure professionalmente formate, per accedere a specializzazioni: modellisti, ispettori, collaudatori, addetti all’ingegneria del prodotto.
“Si fa tantissima formazione – conferma Baccani – non solo formazione tecnica, perché l’artigianalità la dobbiamo avere nel Dna. Puntiamo a diffondere la cultura d’impresa, anche nelle piccole aziende. Se vogliamo dialogare con le maison internazionali dobbiamo avere una struttura organica e gestionale adeguata”.
Alle azioni formative attuate tramite le reti si accompagna un’intesa recentemente firmata tra categorie economiche e istituzioni, guidate dalla Regione Toscana, che stanzia risorse a questo fine. Tra gli strumenti previsti c’è anche il potenziamento dell’Aspi, Alta scuola di pelletteria italiana con sede a Scandicci. Oggi vi si svolgono corsi brevi, limitati a pacchetti di 250-500 ore, si punta a farne un vero e proprio liceo tecnico specializzato. “Una iniziativa positiva, perché nelle aziende entrano anche tanti giovani e c’è un forte fabbisogno formativo” – commenta Guerranti, ricordando tuttavia che “gli antichi pellettieri si sono formati sui banchi: banchi di lavoro, non banchi di scuola”.

Per saperne di più: Osservatorio Nazionale Distretti Italiani, IV Rapporto, presentato a Roma presso Unioncamere il 21 marzo 2013