Dall’abitazione alla piazza all’uomo

L’ultimo appuntamento del 2014 delle Passeggiate fuori porta è stato dedicato a due città molto diverse tra loro: Maenza e Roccagorga.
Tutte le Passeggiate hanno evidenziato le similitudini e soprattutto le differenze dei diversi centri che compogono il paesaggio costruito e abitato dei Lepini. Il passaggio che insieme abbiamo percorso tra le due città ci ha permesso di comprendere la differenza, come qualità, tra un piccolo centro quale Maenza – tutto raccolto in un sistema di abitazioni dai caratteri medievali, con il castello come anima cittadina – e la forma aperta e monumentale della piazza di Roccagorga, non per operare un confronto, impossibile su terreni così diversi, ma per segnalare la varietà delle forme della città all’interno di un territorio complesso, frammentato e storicizzato.

È possibile fare un primo bilancio dell’esperienza all’interno di quest’area del sud del Lazio partendo dalle parole chiave che ci hanno accompagnato sin dall’inizio del progetto pilota.
Passeggiare e conoscere sono un binomio vincente che ha portato alla valorizzazione partecipata. La valorizzazione partecipata può essere sembrato un concetto sfuggente a chi per la prima volta si avvicinava a questa iniziativa. E’ stata l’esperienza diretta che ognuno di noi ha potuto vivere che ha immediatamente reso evidente il valore aggiunto di queste Passeggiate, valore dato dalla polifonicità delle voci degli studiosi che ci hanno accompagnato, alle quali si sono aggiunte quelle di tutti i cittadini, così da permettere di dare avvio, proprio nelle città, a un primo dibattito democratico sulla qualità urbana.
Non solo il cittadino è stato il protagonista di ogni Passeggiata, ma anche la città è diventata la materia prima di una riflessione che riguarda il costruito, l’immagine nel paesaggio e il suo ruolo territoriale.

Roccagorga: la piazza come metafora della città

Roccagorga è un piccolo centro in cui il progetto dell’uomo ha influenzato il paesaggio con la costruzione di unaDall'abitazione - Tagliacollo-4 piazza che è elemento caratterizzante di tutta la città.
La forma della piazza è assimilabile alla forma della città, lo si nota anche dalla vicina Maenza, da cui è possibile vedere il suo disegno.
La piazza è il luogo principale urbano di Roccagorga: si presenta come uno spazio monumentale che non ha eguali in tutto il territorio dei Monti Lepini.
La piazza segue la morfologia del terreno, che crea una sella su cui insiste nel lungo periodo (dal medioevo al barocco) il nucleo originario di formazione della città.
Il primo nucleo è da individuare nell’area del Palazzo baronale, un tempo fortezza dei Da Ceccano, che possiamo immaginare come un castello. È attorno a questo che possiamo pensare che si sia sviluppato il primo centro urbano, come si nota anche dalla pianta della città.
La piazza è il simbolo della città barocca – che risale al periodo dei Ginetti – con il sistema di abitazioni che le fanno da cornice, con il Palazzo baronale e la chiesa anteposti l’uno all’altra e infine con la presenza della fontana, tutti elementi che riuniscono insieme, in un unico luogo, i componenti della vita di comunità.
La piazza è metafora di tutta la città: essa non solo rappresenta la forma urbana, ma riunisce in un unico luogo le funzioni, le attività e l’anima della civitas.
Il valore scenografico viene definito anche dal tema dell’acqua, attorno a cui trova significato il nome della città e la sua presenza costante.
L’acqua della grande e scenografica vasca (la Rifolta) ci racconta non solo del progetto urbano che porta alla creazione di una fonte ad uso pubblico per la comunità, ma anche dei rapporti tra i signori (i Ginetti) e i cittadini.
L’acqua, un bene prezioso per la vita, è anche l’oggetto principale di una serie di vincoli scritti per il suo utilizzo, così da influenzare e regolare l’economia cittadina.
Allo stesso tempo essa regola lo sviluppo e il significato del luogo piazza, legandolo non solo alle scelte dei diversi signori che si avvicendano nel governo della città, ma anche mettendo in relazione Roccagorga con un contesto di ampio respiro legato alla capitale.
La trasformazione della grande vasca d’acqua vedrà il coinvolgimento dell’architetto Andrea Busiri Vici e l’interesse di studiosi – in tempi recenti – quali Paolo Portoghesi, con la proposta di progetti spesso poco compresi e disattesi.
Il caso studio di Roccagorga ci permette di aprire un dibattito sui processi di valorizzazione che possano coinvolgere tutti noi, in un discorso che riguardi i luoghi identitari della cittadinanza e la loro funzione nel tempo.

L’EtnoMuseo dei Monti Lepini
di Giulia Bevilacqua

Dall'abitazione - tagliacollo-2L’EtnoMuseo Monti Lepini è un museo etnografico, cioè appartiene a quella tipologia di musei che utilizzano la ricerca sul campo come metodo principale per acquisire la documentazione e l’interpretazione antropologica per restituire il punto di vista locale.
Attraverso un originale allestimento scenografico che comprende installazioni, postazioni multimediali, simulazioni ludiche, sculture affioranti dalle pareti e pannelli informativi, il museo mette in valore il patrimonio culturale, materiale e immateriale della comunità, riflettendo su come la memoria collettiva venga selezionata e perpetuata.
Il percorso museale si sviluppa in sette sezioni: Quelli della Rocca, Cinema Splendore, Pasqua rossa, Habitus, Grani di storia, Garage-cultura, Noi loro, che stimolano la curiosità del visitatore suscitando emozioni e suggerendo riflessioni.
L’EtnoMuseo Monti Lepini si trova all’interno del Palazzo Baronale di Roccagorga. Fa parte del Sistema museale tematico demoetnoantropologico DEMOS ed è Museo Premio di Qualità della Regione Lazio.

Maenza come città scudo
di Serena Volterra

Perché una passeggiata a Maenza? Perché Maenza, come alcuni altri piccoli centri dei Monti Lepini, conserva,Dall'abitazione- Tagliacollo-3 nonostante le trasformazioni, una struttura urbana e un tessuto in cui sono ben riconoscibili i caratteri della città storica, primo fra tutti la totale organicità del nucleo abitato con il territorio, quindi con la sua morfologia, con il materiale che lo costituisce, con il sistema di percorsi che lo solcano e con il paesaggio tutto.
Maenza si trova sulla naturale via di penetrazione dal mare verso la Valle del Sacco, in cui fin dall’VIII secolo a.C. si sono individuati i percorsi di scambi commerciali fra Etruria e Campania.
Vi si riconosce un interessante esempio del così detto funzionamento a polmone: si può infatti ipotizzare che l’occupazione preromana (volsca) fosse costituita da un sistema di fortificazioni su promontorio a controllo della valle; in età romana si assistette, invece, a un’opera di urbanizzazione del fondovalle – Privernum – e successivamente, a causa delle incursioni saracene, si ebbe un sistema di castra, prima, e di incastellamenti, poi, sui medesimi promontori probabilmente già occupati in età volsca. A seguito della caduta dell’Impero Romano d’occidente, con l’abbandono del sistema idrico di controllo delle acque e il conseguente allagamento della via Appia, l’unico collegamento utilizzabile fra nord e sud risulta essere la dorsale dei monti Lepini; acquistano, così, importanza i centri che la controllano: Priveno, Roccasecca dei Volsci, Roccagorga e Maenza.
Il processo di generazione fino all’attuale conformazione urbana ha visto lo svilupparsi di un tessuto a scudo intorno al castello posizionato nel punto più elevato, 360 m s.l.m., a controllo della vallata e in contatto visivo con gli altri incastellamenti. Il primo nucleo presentava probabilmente una fortificazione con accesso dall’attuale piazza della portella, in diretto collegamento con il percorso proveniente da monte. Intorno al XII secolo, ormai definitivamente abbandonata Privernum, si assistette al primo accrescimento sul margine sud-ovest, là dove la morfologia meno aspra lo consente, con impianto principale sulla cinta muraria del castellum e impianto secondario sulle radiali. L’espansione è proseguita con il medesimo criterio fino a concludersi con una nuova cinta difensiva costituita dalle abitazioni medesime, ‘case Bastione’, a chiusura dell’anello, obbligando all’individuazione di un nuovo percorso d’accesso più diretto e di una nuova porta urbica. In prossimità di quest’ultima, con accesso esterno, si trova la loggia dei mercanti, dove con molta probabilità si svolgevano gli scambi commerciali. L’ampliamento seicentesco è riconoscibile nel fuso a sud del nucleo medievale.
Fra i caratteri che subito suscitano interesse è la sua conformazione, come detto, organicamente inserita in una morfologia territoriale che su di un versante – sud ovest – ha consentito i successivi ampliamenti e sull’altro – nord est – ha costituito un naturale baluardo difensivo grazie agli scoscesi pendii. Una struttura urbana, quella di Maenza, costituita da un nitido equilibrio fra tessuto minuto ed emergenze architettoniche, come il palazzetto baronale, da un lato, riconoscibile nell’impianto per dimensioni rispetto alle cellule abitative singole, e il castello con la chiesa principale, dall’altro, che si fronteggiano nel centro del paese con le loro moli e che spiccano, anche a notevole distanza, con gli elementi (torri e campanili) a forte carattere verticale.
Dall'abitazione - Tagliacollo-5Riconoscibile e identitaria del centro storico è la sua organicità, non solo per conformazione e per assetto territorio-urbe, ma anche per compagine costruttiva, che vede elemento principale utilizzato nel materiale stesso – un calcare compatto di colore biancastro/nocciola – raggiungendo nel tempo un’importante unitarietà coloristica con quanto lo circonda: elemento del paesaggio, nel paesaggio e da cui si guarda il paesaggio.
La passeggiata a Maenza, così come è stata proposta, offre l’occasione di scoprire e riconoscere anche altri caratteri meno evidenti delle città medievali, come il sistema di ‘case bastione’ (abitazioni a carattere fortificato) e orti che costituivano l’anello esterno nei vari ampliamenti che si sono succeduti nel processo generativo; il sistema di porte urbiche, posterule e passaggi coperti che consentivano, in caso di assalto, la chiusura della cittadina e il progressivo rifugio degli abitanti all’interno della cinta fortificata e quindi nel castello; i ‘profferli’ (scala esterna con ballatoio o ‘parte sporgente della casa sulla via’) e i ‘butti’ (o treseppi immondezzai, canali di passaggio delle acque putride, poste fra le abitazioni per lo smaltimento delle acque sporche in un sistema che correva lungo le strade per confluire poi all’esterno dell’abitato).
Mi soffermo in ultimo a sottolineare ancora una volta come caratterizzante e peculiare del costruito storico di Maenza sia la totale organicità fra cellula edilizia, sua funzione – sia come destinazione d’uso, che come ruolo all’interno del tessuto urbano – struttura della città, geomorfologia territoriale e strutturazione viaria e come tale organicità vada rispettata e conseguita anche nell’intervento sulla preesistenza.