I predoni della finanza

di Federico Caffè

Nel venticinquennale della scomparsa di Federico Caffè, la sua università lo ricorda con una giornata di studi dal ricco programma. Il clou, nella lezione di Mario Draghi, che con Caffè si laureò. Dopodiché l’attore Roberto Herlitzka leggerà alcuni scritti di Caffè, tra cui i due qui riprodotti, che risalgono, rispettivamente, a più di quanranta e trenta anni fa, a dimostrazione del fatto che nulla avviene, nell’economia capitalistica, che già non si sappia, se lo si vuole.

“Da tempo sono convinto che la sovrastruttura finanziario-borsistica con le caratteristiche che presenta nei paesi capitalisticamente avanzati favorisca non già il vigore competitivo ma un gioco spregiudicato di tipo predatorio, che opera sistematicamente a danno di categorie innumerevoli e sprovvedute di risparmiatori in un quadro istituzionale che di fatto consente e legittima la ricorrente decurtazione o il pratico spossessamento dei loro peculi. Esiste una evidente incoerenza tra i condizionamenti di ogni genere che vincolano l’attività produttiva reale dei vari settori agricoli industriali, di intermediazione commerciale e la concreta licenza di espropriare l’altrui risparmio che esiste per i mercati finanziari. Un rilievo del genere non trae origine da fatti episodici o da insufficienze istituzionali attribuibili a carenze legislative. Si tratta di una costatazione originata dalla persistenza evidente, nell’ambito delle strutture finanziario-borsistiche, di un capitalismo aggressivo e violento, che non sembra avere nulla in comune con lo ‘spirito di responsabilità pubblica’ rilevabile come componente di una moderna strategia oligopolistica nell’ambito dell’attività produttiva industriale. (…) esercita tuttora un anacronistico fascino (e ha, soprattutto, deleterie possibilità di azione) il manipolatore spregiudicato di titoli di varia specie sui mercati finanziari interni e internazionali. Si tratta di una smagliatura logica, il cui esame presenta un interesse non minore delle raffinate analisi intorno alla composizione ottimale del portafoglio in condizioni varie di incertezza. (Non) si dà minor prova di ‘provincialismo’ (posto che i dibattiti economici debbano svolgersi sulla base di addebiti del genere) allorché si prospettano gli assetti istituzionali ‘altrui’ dei mercati finanziari e borsistici come modelli ideali verso i quali si dovrebbe tendere. Qui veramente si è in presenza di informazioni insufficienti o di una congenita tendenza a vedere il paradiso nell’inferno degli altri. (…) La capacità del pubblico di ‘esporsi a delusioni speculative [nelle parole di Galbraith] è esemplificata (…) dalla crescente influenza esercitata sul pubblico da cronisti o improvvisati esperti finanziari che, con l’ausilio dei moderni mezzi di informazione, sono in grado di orientare decisamente il mercato nel senso da essi suggerito. (…) E’ certamente sorprendente che, in un periodo nel quale è ben nota la pressione esercita in varie forme sulle preferenze dei consumatori, in vista di condizionarle, influenzarle e indirizzarle nelle direzioni volute, si prospetti il mercato finanziario come quello nel quale la ‘sovranità del risparmiatore’ avrebbe possibilità di affermarsi. Che, anche nel settore finanziario, l’inesperienza degli operatori sia manipolata con forme sottili di suggestione e di propaganda (…), che l’azione pubblicistica svolta in questo campo sia necessariamente di tipo persuasivo, dato che nessuno possiede le informazioni occorrenti per un’attendibile valutazione dell’andamento futuro dei mercati finanziari, che l’intermediazione specializzata miri in sostanza a soddisfare esigenze in larga parte artificiose che essa stessa concorre a creare, sono aspetti che non andrebbero ignorati. (…) L’operare quotidiano di borsa, a prima vista, sembra identificarsi con il meccanismo automatico delle forze di domanda e offerta ma, in realtà, le cose stanno in modo diverso. [Come ha osservato Baumol] ‘Il meccanismo automatico non è lasciato a se stesso; c’è un uomo nascosto nel meccanismo e che in effetti lo fa muovere. Poiché questa è, in essenza, una delle funzioni principali di chi opera come specialista nel mercato di borsa’. (…) Anziché come soggetto che operi in condizioni competitive, egli va correttamente analizzato come monopolista, o oligopolista, in grado di amministrare i prezzi rispetto al gruppo (concorrenziale) degli operatori che gli sono di fronte quali venditori o compratori. La conseguenza ultima è che ‘i prezzi ai quali si perviene sui mercati finanziari e le quantità di titoli vendute ed acquistate non sono ottimali dal punto di vista sociale (…). Ne deriva così un insieme significativo (anche se non definitivo) di elementi informativi che dovrebbero relegare nel novero dei ‘miti’ la concezione della borsa come guardiana dell’efficienza”.

(Stralcio dal saggio di Federico Caffè “Di un’economia di mercato compatibile con la socializzazione delle strutture finanziarie”, pubblicato per la prima volta sul Giornale degli Economisti, sett-ott. 1971; ripubblicato poi nel libro “Un’economia in ritardo”, Boringhieri, 1976, e nel volume “Federico Caffè, un economista per gli uomini comuni”, Ediesse 2007)

” (Una) connotazione pittoresca è la considerazione sentenziosa della borsa come espressione tipica di un ‘mercato’ il più vicino possibile all’ideale concorrenziale e che, in quanto tale, concorrerebbe alla allocazione efficiente delle risorse finanziarie. La grezza arroganza dei praticoni farà sempre premio sulla finezza dell’analisi, della quale essi sono, del resto, del tutto inconsapevoli. Ma, in verità, senza affrontare livelli più approfonditi di indagine, il semplice buon senso dovrebbe far comprendere che, in un mondo e in una economia di oligopoli, la borsa non può che esserne il riflesso. Cercarvi, quindi, un vigore e una funzionalità di tipo concorrenziale costituisce una contraddizione in termini. (…) Un livello di informazione economica del tutto deteriore potrebbe essere, in sostanza, evitato solo che i praticoni dedicassero qualche tempo a un aggiornamento culturale per il quale sono disponibili strumenti anche di tipo divulgativo. (…) Il procedere mediante ‘occasioni mancate’ è una costante della nostra politica economica. Una vera svolta dovrà forse procedere a piccoli passi. E se si riuscisse ad evitare ogni connessione tra ‘borsa’ e ‘mercato concorrenziale’, per poco che sia, sarebbe già un piccolo progresso, non soltanto di natura terminologica”.

(Da “Praticoni pittoreschi, pubblicato su “il manifesto” del 19 luglio 1981; ristampato, nel 1992, nella raccolta “La solitudine del riformista”, a cura di Nicola Acocella e Maurizio Franzini e, nel 2007, nel volume “Scritti quotidiani”, a cura di Roberta Carlini).