È tempo di dire basta ai paradisi fiscali

Per uscire dall’austerità

di Lapo Berti –

Negli ultimi tempi, sotto la pressione delle sofferenze inflitte dalla assurde politiche di austerità, è cresciuta la consapevolezza dei danni che provoca quella che l’economista americano Jeoffrey Sachs chiama “la più grande e dannosa frode al mondo: la rete globale dei paradisi fiscali che i poitici e i banchieri di Stati Uniti ed Europa hanno alimentato per anni”. In tempi in cui in tanti paesi la disoccupazione giovanile raggiunge livelli inauditi, in cui, con il salvataggio delle banche, si opera una ridistribuzione alla rovescia, dai più poveri ai più ricchi, in cui la disuguaglianza economica non è mai stata così esorbitante, in cui i ricchi sono ricchi come non mai, lo scandalo dei paradisi fiscali e dell’evasione che ne è alla base, non è più tollerabile.

Com’è ormai chiaro a tutti, l’unico scopo di questi paradisi è quello di agevolare l’evasione fiscale, il riciclaggio del denaro sporco, la corruzione e l’irresponsabilità rispetto alle calamità sociali e ambientali prodotte dalle imprese multinazionali.
Di recente, un’indagine realizzata da un gruppo di più di 200 organizzazioni, tra cui Actionaid, Christian Aid, Oxfam e Save the Cildren, ha rivelato che nei paradisi fiscali sono depositati migliaia di miliardi di dollari provenienti dall’evasione fiscale e sottratti, quindi, ai bilanci pubblici sia dei paesi ricchi che di quelli poveri. Se su questi fondi venissero pagate le tasse, si potrebbero evitare le misure di austerità e si potrebbe combattere efficacemente la povertà. È questo il tema su cui batte la campagna lanciata da Enough Food for Eversione IF camping.

L’iniziativa cade a proposito, perché in questa settimana si tiene l’incontro dei ministri finanziari del G7, ovvero delle maggiori potenze al mondo che finora hanno tollerato, se non promosso, questo sistema di corruzione a livello globale. A giugno poi si riunirà il G8, ovvero il G7 più la Russia. Sono questi i paesi che hanno il potere di agire per porre fine al sistema dei paradisi fiscali e agli abusi che esso genera.

Fino a oggi, gli interessi inconfessabili che traggono vantaggio dai paradisi fiscali hanno potuto prosperare al riparo di occhi indiscreti e con la complicità di troppi politici. Per non parlare che degli esempi più recenti: il candidato repubblicano alle ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti, Romney,  aveva rilevanti ricchezze alle Isole Cayman; il ministro del bilancio francese è stato scoperto con i suoi conti offshore; un altro politico francese, il tesoriere della campagna elettorale di Hollande, ha riconosciuto di avere conti segreti nei paradisi fiscali. Il Fondo monetario internazionale ha una lista di ricchi greci con conti segreti all’estero e si è scoperto che funzionari spagnoli ricevevano stipendi da conti segreti offshore. La ciliegina l’ha offerta la recente crisi bancaria di Cipro, rivelando al mondo che l’isola è un paradiso fiscale nel bel mezzo dell’Europa, prediletto dai magnati russi.

Ce n’è abbastanza per dire basta, perché i cittadini pretendano che i partiti che li rappresentano mettano nella loro agenda l’obiettivo di una lotta senza quartiere ai paradisi fiscali che, come ha mostrato il libro di Nicholas Shaxson, Isole del tesoro, non sono le manifestazioni patologiche di un sistema economico globale che nel suo insieme è ben regolato, ma sono parte sostanziale del sistema finanziario globale. Tant’è che esso fa capo non a oscuri centri del terzo mondo, ma ai centri del potere finanziario mondiale, il Regno Unito e la Svizzera. I paradisi dei Caraibi – le isole Bermuda, Cayman e British Virgin – sono territori britannici. Gli Stati Uniti hanno addirittura uno stato, il Delaware, che svolge sempre più la funzione di paradiso fiscale per gli investitori.

“I paradisi fiscali, conclude Sachs, “rappresentano un privilegio e un abuso inaccettabile”, tanto più in un momento in cui la maggior parte della popolazione mondiale vive le conseguenze dell’austerità.

“I paesi più potenti del mondo hanno una responsabilità unica. Sono loro che hanno creato questo sistema distruttivo. È compito loro porvi termine. Le tasse devono essere pagate in tutto il mondo. I conti offshore devono essere riportati nelle mani delle autorità nazionali dei loro detentori. Banche, hedge fundo e istituzioni on finanziarie devono essere domiciliate dove possono essere correttamente sorvegliate e regolate – non in isolette che non possono certo sorvegliare queste attività. I politici devono capire che la gente ora è consapevole di tutto ciò. Non è più tempo d’indugiare”.