Un’altra EXPO diffusa e sostenibile

di Paolo Deganello

La proposta di un’Expo alternativa rispetto al progetto della tradizionale Expo dei padiglioni è la soluzione che Deganello e Berrino suggeriscono al sindaco Pisapia in una lettera, inviata alcuni mesi fa e che non ha ricevuto risposta. I fallimenti delle ultime EXPO – Siviglia, Hannover, Saragozza – con i loro costosi pezzi di città costruiti e poi abbandonati perché inutilizzabili sono la dimostrazione dell’inutilità e dello spreco degli investimenti richiesti per un progetto vecchio a fronte di un’idea innovativa e sostenibile per un padiglione povero, leggero, smontabile, provvisorio, elegante.

La utile ricostruzione della vicenda “Expo” fatta da Emilio Battisti si conclude con l’amara considerazione che “l’ultima opportunità per salvaguardare e promuovere i contenuti originari” del progetto Expo è un ” fuori expo alternativo”. Allego una lettera raccomandata inviata da me e da Franco Berrino al Sindaco Pisapia il 13 Ottobre 2011, che non ha avuto alcuna risposta e che propone un’altra via di uscita a quella che Battisti definisce una “Expo ridotta a kermesse gastronomica”. In quella lettera suggerivamo al sindaco Pisapia di sostenere l’Expo diffusa e sostenibile (petizione fatta da me e da Emilio Battisti nel Marzo 2009) quale unica conclusione realistica di un progetto di Expo sbagliata, partorita dall’Amministrazione Moratti e da Formigoni, continuamente via via ridimensionata nelle sue iniziali intenzioni per riduzione progressiva degli investimenti possibili e per un progressivo appiattimento del progetto iniziale sul modello “Expo dei padiglioni”, imposto, si dice, dal BIE.

L’articolo di Battisti ricorda giustamente l’adesione di “Pisapia candidato” alla petizione/progetto di una “Expo diffusa e sostenibile” per Milano 2015. Voglio osservare che l’amministrazione Pisapia sta giustamente promuovendo un decentramento amministrativo che porti Milano ad evolversi da “città centrale e radiale ad una città policentrica (Daniela Benelli) e sta altrettanto giustamente tentando un decentramento/diffusione della vita culturale (Stefano Boeri) nelle periferie milanesi. Una “Expo diffusa e sostenibile” può trovare una coerente, concreta e “spettacolare” applicazione di questa strategia e solo una contraddittoria palese negazione di questa strategia nella soluzione nell’Expo concentrata a Rho-Pero. L’assessore Maran, nell’incontro con Giorgio Viale allo Studio Battisti diceva che il 2015 dovrà quale evento offrire al mondo un’altra Milano; quale occasione migliore di un’altra Expo che ridefinisca una volta per tutte la nuova tipologia dell’evento EXPO, quale occasione per una diffusa e decentrata riqualificazione di un intero territorio urbanizzato invece della vecchia Expo che nel più assoluto silenzio si cerca di realizzare, CONCENTRATA a Rho-Pero, ennesima riedizione della vecchia e obsoleta Expo dei padiglioni, nonostante il fallimento dell’Expo di Hannover, di Siviglia, di Saragoza ecc.ecc.

Invece di chiedere una amara consolazione nel “fuori expo”, a me sembra che i molti sotenitori di una “Expo diffusa e sostenibile” dovrebbero pretendere dall’amministrazione Pisapia tutto l’impegno possibile per considerare sbagliata e irrealizzabile oggi, nella crisi, la Expo dei padiglioni concentrata a Rho-Pero fino a imporre al BIE di aderire all’unica EXPO realizzabile e “spettacolare” per la sua innovazione, la prima EXPO DIFFUSA E SOSTENIBILE appunto a Milano, per il 2015. La Milano del 2016, come promette o spera o si illude l’assessore Maran, sarebbe così veramente finalmente, sicuramente, un’altra Milano.

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Milano 13 Ottobre 2011

Gentile signor Sindaco,

abbiamo aderito, con altre 1400 firme, alla petizione per una “EXPO diffusa e sostenibile” , che lei conosce, contro una vecchia e superata idea di EXPO concentrata in Rho/Pero nei 2.000.000 di mq di terreno agricolo.

L’ordine degli architetti aveva messo in evidenza il fallimento delle ultime EXPO – Siviglia, Hannover, Saragozza – costosi pezzi di città costruiti e poi abbandonati perché inutilizzabili. Con “EXPO diffusa e sostenibile” avevamo proposto una nuova modalità di fare EXPO che tutta investiva nella riqualificazione sostenibile del già costruito, invece di sprecare ingenti capitali e territori, e che doveva e poteva promuovere una nuova cultura del cibo. Speravamo di poter aggiungere allo slogan “slow food” – buono, pulito e giusto – i termini salutare e accessibile anche all’emisfero della fame.

La sua elezione, sostenuta anche da un vasto associazionismo di base che all’EXPO diffusa e sostenibile aveva dato moltissimi contributi ed un’attiva partecipazione, ci aveva fatto sperare che un’altra EXPO fosse possibile.

Lentamente ma inesorabilmente, per quel che si riesce a sapere, si sta concretizzando il progetto della solita EXPO dei Padiglioni, più o meno spettacolare esibizione di uno spreco destinato a marcire nella periferia milanese, dove si continua a promuovere quell’industria dell’alimentazione che ha prodotto un miliardo di obesi e un miliardo di affamati.

Sembra, e avremmo voluto anche in questo caso saperne di più, che si concretizzi l’ipotesi di un “fuori EXPO”, più o meno diffuso e sostenibile, diluito nella città e nel territorio, a compensazione e legittimazione critica della EXPO dei Padiglioni promotrice, ripetiamo, di un’iniqua e malsana alimentazione.

Un fuori EXPO, che come il fuori Salone del Mobile, servirebbe solo a legittimare e giustificare la grande fiera di una merce edilizia e alimentare sempre più insostenibile occasione di soli interessi e appetiti speculativi, è frustrante delusione per chi aveva coltivato la speranza di dare un contributo innovativo all’EXPO, che poteva essere la dimostrazione che un’altra cultura dell’alimentazione e del consumo può essere praticata.

Anche lei è disposto ad avvallare che le “grandi opere” , e l’EXPO dei Padiglioni è una di queste, siano l’unica direzione di crescita possibile? Non sono maturi i tempi per una conversione ecologica del produrre?

Pensiamo sia ancora possibile, di fronte ad un così cinico spreco di risorse pubbliche, la cui disponibilità è tra l’altro continuamente rimessa in dubbio, imporre al BIE e offrire al mondo intero, un’EXPO leggera, realizzabile con risorse limitate, e che segni una discontinuità forte con l’EXPO della Moratti e di Formigoni. Risparmieremo risorse, potremo contare su una più forte partecipazione di quella cultura critica che sempre più sta alzando la voce, che ha dato un contributo fondamentale alla sua elezione, e che sempre più appare come l’unica area propositiva capace di prefigurare un radicale cambiamento della merce, compreso il cibo, che è la merce più significativa perché la mangiamo ogni giorno. In questo drammatico tempo di crisi, un padiglione povero, leggero, provvisorio, elegante ma facilmente smontabile e riutilizzabile, non può essere più credibile, più giusto, più accessibile anche per i paesi dell’emisfero della fame, di una città di padiglioni sontuosi: due milioni di metri quadri ‘rubati all’agricoltura’?

Paolo Deganello e Franco Berrino