Elezioni 2013: E’ quello che aspettavamo?

Non un uomo nuovo, ma tanti uomini e donne nuovi

di Rossella Aprea


Una considerazione a caldo nel dopo elezioni. Vecchia e nuova politica si ritrovano in Parlamento immerse in un’ingovernabilità prevedibile per lo scollamento sociale dei partiti tradizionali dal Paese reale e per un sistema elettorale inadeguato e volutamente immodificato. L’elezione, però, ha portato una novità assoluta: l’ingresso di un plotone di cittadini in Parlamento. Forse qualcosa sta cambiando tra comprensibili difficoltà e inevitabili resistenze
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Confesso che per la prima volta mi sento sollevata da un peso e avverto una piccola, timida speranza fare capolino. Si tratta, forse, dello stesso sentimento che ha dichiarato una ragazza intervistata dopo la manifestazione di chiusura della campagna elettorale del M5S in Piazza San Giovanni venerdì scorso. A questo punto, con queste elezioni possiamo dire che in Italia qualcosa sta veramente cambiando. Lo avevo scritto in un articolo qualche settimana fa, osservando la realtà e sfogliando le pagine interne di qualche quotidiano. Diciamolo, per questo cambiamento abbiamo dovuto e potuto contare su un’alleata di “lusso”: la crisi economica, che ha aperto gli occhi almeno a una parte degli Italiani. Certo non a tutti, ma a una parte non irrilevante, sì. Perciò condivido solo in parte le preoccupazioni per l’esito di queste elezioni.

Data la situazione, attraverso le forche caudine ci saremmo dovuti passare, ci hanno costretto e inevitabilmente prima o dopo sarebbe accaduto. Scardinare un sistema che, anche di fronte alla miseria, alla crisi, alla disperazione delle famiglie continua a perpetuare se stesso, irremovibile e inamovibile, richiede una fase di instabilità, ingovernabilità, confusione, incertezza e molto altro. Siamo da mesi su una nave con un mare in tempesta, guidati malamente da capitani “poco onesti e poco coraggiosi”. Non resta che l’ammutinamento per evitare l’inabissamento. Lo scopo è salvare tutti, tutti quelli che sono sulla nave, non consentire solo ad alcuni di farlo, perché si sono assicurati le scialuppe di salvataggio. Tutti, oggi, si domandano cosa accadrà, i mercati cosa faranno, il PD con chi si alleerà, come si governerà e per quanto tempo, fra quanti mesi torneremo a votare. Giusto e comprensibile realismo politico, ma questo Paese deve essere rivoltato come un calzino per potersi “veramente”, autenticamente risollevare e oggi stiamo qui a spaventarci, come timide verginelle, per tutto quello che accadrà? E solo perché le urne hanno portato all’ingovernabilità? Ben altri colpi dovranno reggere i nostri teneri cuori. Molti saranno gli scossoni che dovremo subire, i colpi che dovremo saper schivare o incassare. Siamo su una nave immersa nella tempesta, non dimentichiamocelo.

Meglio sarebbe, dunque, secondo alcuni, dover sopportare ancora la quieta, mortifera e mortificante agonia politica, sociale ed economica di questo Paese? Sarebbe meglio quello a cui abbiamo assistito fino ad ora, silenti e proni, da parte di una classe politica indecente? Una parte degli Italiani ha finalmente detto NO, in maniera democratica, civile, protestando, dicono molti. Era ora!!! Aggiungo io. Lo ha fatto con i pochissimi, esigui, anche indecenti mezzi che le sono stati offerti, come la squallida legge elettorale attuale con cui ci hanno privati impunemente del diritto di votare democraticamente, scegliendo il nostro candidato rappresentante. Perché di questo oggi nessuno parla? Quello che è accaduto ieri nelle urne è importantissimo. Certo, nasconde insidie, preoccupazioni, ansie, timori, ma è un FATTO NUOVO. E’ quello che aspettavamo veramente!!! Non un uomo nuovo, l’”uomo della Provvidenza”, in cui gli Italiani hanno sempre pensato di poter confidare nei momenti difficili, affidandosi. Non un uomo nuovo, ma tanti uomini  e “donne” nuovi, più difficili da fermare. E’ una novità assoluta per l’Italia, una novità senza precedenti. Perché non dirlo, non rimarcarlo, non gridarlo? E ora possiamo cominciare a pensare a come costruire la “democrazia” in questo Paese. Democrazia che gli Italiani non hanno mai veramente, fino in fondo, conosciuto, costruito, conquistato.

Finalmente abbiamo dei “cittadini” che entrano in Parlamento, che diventano essi stessi Stato, che si assumono la responsabilità di governare, che partecipano. Sono persone vere, che non sanno molto di politica, di strategie, di potere, ma che vogliono contribuire a costruire e non a distruggere. Hanno facce normali, semplici, parlano un linguaggio comprensibile, sono le persone che potresti trovarti accanto su un autobus o all’ufficio delle Poste a fare la fila. Finalmente sui giornali cominciano a trovare spazio parole che erano state soffocate per anni dalle dichiarazioni, spesso inutili, dei leader dei partiti tradizionali su qualsiasi vicenda più o meno importante toccasse il Paese. Parole come “cittadinanza”, “democrazia”, “partecipazione”, “idee”, “riforme”. “L’uomo nuovo” entra in Parlamento dopo aver fatto un percorso, con tutti i rischi e i problemi che questo comporterà. Ma questo è cambiamento, è progresso, è vita.

Forse un nuovo modello politico, se questa occasione non andrà sprecata, potrebbe cominciare a sbozzarsi. E’ come dire che la nostra Occupy Wall Street è finalmente entrata nei centri del potere e che la nostra rivoluzione silenziosa era già in corso da molti anni, prima che nascessero un po’ in tutti i Paesi questi gruppi di cittadini insoddisfatti e desiderosi di riconquistare il loro potere. Le circostanze, è vero, l’hanno resa possibile, ma nella vita e nella storia è sempre così. L’ingresso di una pattuglia, di uno squadrone di queste teste, armato di questo spirito, sta già scombinando carte, piani e progetti di chi è al governo, per il potere e si sta già affannando a trovare nuove soluzioni per arginare il disastro: persino un’impresentabile alleanza Pd-Pdl. E la vecchia politica non ha ancora capito e resisterà.
E’ questo, dunque, quello che aspettavamo? In realtà quello che è successo ieri è quello in cui speravamo, l’avremmo voluto senza doverci sobbarcare l’ “incognita del dopo”, del “che cosa accadrà”, forse senza l’uso di toni e modi da battaglia per far breccia sulla massa, ma il suo portavoce ha abilmente usato, senza disporre degli stessi mezzi economici e mediatici, la comunicazione come strumento politico, per raggiungere l’obiettivo. In mezzo al frastuono della campagna elettorale, la più triste e penosa che si sia mai vista, l’uso di un linguaggio popolare, ma nuovo, ha fatto la differenza. Il richiamo a certi valori e l’utilizzo di strategie comunicative alternative, come l’assenza dai media, per diventare una presenza silenziosamente ingombrante, è risultato vincente.
In fondo ora perché stupirsi dell’esito elettorale? Anche della resistenza e persistenza di certe forze politiche, la cui credibilità è stata minata da ogni tipo di scandalo? L’italiano, in fondo, è quel popolo che dopo vent’anni di fascismo e una guerra che è costata la vita a centinaia di migliaia di persone all’indomani della liberazione, votava ancora per la Monarchia, responsabile del disastro, e cioè di aver consegnato prima il paese nelle mani di un dittatore per vent’anni e di averlo abbandonato, poi, nelle mani del nemico dopo l’armistizio. Il nostro attuale sistema repubblicano vinse sulla Monarchia solo attraverso un sofferto testa a testa, non dimentichiamocelo. Noi Italiani siamo così, basta leggere le riflessioni di importanti scrittori e giornalisti del passato e del presente, che hanno saputo sapientemente tratteggiare il nostro profilo caratteriale, complesso, doppio, spesso meschino, vile e opportunista. Eppure siamo anche lo stesso popolo che ha generato quella gioventù coraggiosa che ammirevolmente si immolò per il Paese nella rivolta partigiana, e che ha conosciuto slanci di eroismo meravigliosi, ma troppo sporadici, e che nei momenti drammatici ha saputo ritrovare ed esprimere la parte migliore di sé. E allora perché, dopo decenni di triste e desolante immobilismo, in uno scenario irreale e devastante non sperare che questa vera e straordinaria novità delle elezioni sia il segno che ci troviamo a vivere in uno di quei momenti storici in cui la parte migliore di noi si sta facendo spazio, anche se in mezzo a mille difficoltà?