Il nucleare: una cosa troppo seria in mani sbagliate

di Salvatore Aprea

Avversione all’uso dell’atomo o scelta antieconomica?

Al referendum sul nucleare del 12  e 13 giugno prossimi dovrebbero votare SI’ anche i nuclearisti di buona volontà. Il lettore non si meravigli, non stiamo godendo dei benefici della legge Basaglia, sebbene l’affermazione risulti chiaramente paradossale. Il punto è che – di là da ogni comprensibile avversione per l’uso dell’atomo per produrre energia elettrica –  il piano varato dal Governo prevede investimenti per oltre 30 miliardi di euro e la resa a priori ad una pura acquisizione della tecnologia d’oltralpe EPR, con profluvi di denaro che andranno ad arricchire le casse transalpine. Per giunta, se in Italia si rilancia una filiera nucleare basata  su impianti stranieri, non decollerà mai una tecnologia italiana e non nascerà nessuna industria nucleare nostrana.

Nuove soluzioni nucleari più economiche, modulari, sicure e con minori scorie 

Come se ciò non bastasse, gli stessi francesi, dopo l’infelice figura che il pachidermico EPR sta facendo a Flamanville in Francia e a Olkiluoto in Finlandia, cominciano a esaminare nuove soluzioni a basso impegno di capitale, di taglia ridotta, modulari, realizzate in tempi ridotti e ad alta qualità principalmente in officina, con il nucleo blindato per lunghi periodi e sistemi di sicurezza improntati alla massima semplicità, basati su principi fisici che minimizzino la produzione di scorie.

EDF e AREVA hanno manifestato interesse per Flexblue, un reattore da collocare sul fondale marino di 12.000 tonnellate con taglie comprese tra 50 e 250 MW (tanto per intenderci la centrale termoelettrica a carbone di Civitavecchia ha una potenza di quasi 2000 MW), compatto di forma cilindrica, largo una quindicina metri e lungo un centinaio, il cui primo prototipo è previsto tra un paio di anni.

Spigolando tra documentazioni specializzate, peraltro, emerge con una certa evidenza che lo sviluppo di mini-reattori è un’idea a cui stanno lavorando in tanti in giro per il mondo.

Tra i primi ci sono gli americani  con l’Hyperion Power Module (HPM), un mini reattore da 25 MW largo 1,5 m e lungo 2,5 m, del peso di circa 50 tonnellate, concepito dai laboratori di Los Alamos, completamente realizzato in fabbrica, sigillato, trasportato in sito e interrato senza che necessiti di alcuna manutenzione per 8-10 anni, dopo i quali si smonta il nocciolo, lo si riporta in fabbrica e lo si rimpiazza. La prima realizzazione è prevista per la fine del 2013 con un costo di 50 milioni di dollari.

Restando ancora negli USA la Babcock& Wilcox ha messo a punto Generation mPower, mini-reattore da 125 MW definito di generazione III++, modulare, scalabile fino a oltre 10 moduli, a sicurezza passiva, con ciclo di rifornimento di 4-5 anni, il cui primo esemplare è previsto in funzione nel 2020.

La GE-Hitachi ha presentato domanda di certificazione del progetto PRISM –Power Reactor Innovative Small Module– un reattore veloce di IV generazione raffreddato al sodio da 311 MW, interamente prefabbricato, modulare, scalabile, con un primo esemplare pronto nel 2020.

La Korea Electric Power, alla guida di un consorzio di 13 imprese che ha investito quasi 70 milioni di euro, ha lanciato Smart, un minireattore modulare da 100MW, adatto alla produzione di acqua potabile e cogenerativo (ossia in grado di produrre energia elettrica e termica), con orizzonte il 2030.

La Westinghouse – gruppo Toshiba – continua a portare avanti l’idea del mini-reattore Iris, a cui ha partecipato attivamente anche il Politecnico di Milano. Toshiba sviluppa anche il concetto del reattore S4: Super-Safe, Small, Simple. Un mini-reattore cilindrico da 10 MW raffreddato a sodio liquido, interamente prefabbricato, installato nel sottosuolo in un cilindro di cemento armato, in grado di funzionare continuativamente per 30 anni.

A queste nuove realtà sta guardando persino Bill Gates che sta investendo in Terra Power per un reattore nucleare ad onde viaggianti in grado di lavorare per decenni con continuità con la prima carica di combustibile fissile  e l’alimentazione ad uranio impoverito. Un insieme di reattori Terra Power  potrebbe lavorare per secoli senza arricchimento o riprocessamento del combustibile nucleare. L’uranio impoverito è infatti disponibile in grandi quantità e può essere usato direttamente in questo reattore, all’interno del quale viene convertito in combustibile grazie all’onda lenta. Una volta avviato, un reattore ad onde viaggianti continua a produrre elettricità finché viene fornito uranio impoverito. La Terra Power, al momento ha concepito reattori con taglie da 500 e 1000 MW e ha firmato un accordo con la Toshiba per lo sviluppo del proprio progetto, ma lo stato attuale dello sviluppo non è noto.

Fukushima e l’addio alle megacentrali nucleari?

Ciò che è accaduto a Fukushima non può che accelerare un processo di ripensamento nei confronti delle megacentrali nucleari e i tedeschi in tal senso hanno già dato un segnale forte decidendo  di abbandonare il nucleare in toto. Ma se nei Paesi di mezzo mondo che non hanno (ancora?) deciso di seguire la strada tedesca gli investitori più potenti ed illuminati guardano alle nuove generazioni di reattori piccoli ed intelligenti bisogna porsi delle domande.

In un simile scenario noi non possiamo permetterci la scellerata depauperazione di risorse causata dall’ottusità politica. È tempo che decisioni strategiche come quelle energetiche vengano assunte guardando all’interesse della nazione e dei suoi cittadini e non all’interesse di un ristretto gruppo di manager. È urgente che la politica detti le linee guida, anche andando contro gli interessi privati di alcune imprese, orientandole verso lo sviluppo in tempi rapidi della tecnologia energetica italiana, sfruttando le esperienze maturate negli ultimi 30 anni nei nostri atenei e centri di ricerca, tenendo conto delle nicchie di eccellenza del settore industriale nostrano. Alzi la mano chi ha voglia di lasciare carta bianca alla classe politica di questo Paese, di fronte al “programma energetico” che intende portare avanti …..