Quanto pesa il mio voto? Un commento – 3

Pubblichiamo il commento di Salvatore Aprea alle riflessioni e alla proposta di progetto presentata da Giuseppe Del Zotto sul tema del voto pesato e ponderato nei due articoli “Quanto pesa il mio voto? Una riflessione” e “Quanto pesa il mio voto? Un progetto“. Salvatore Aprea pone il problema delle troppe domande a cui sarebbe difficile trovare una risposta che il voto pesato e ponderato aprirebbe:  come definire in maniera oggettiva la “conoscenza”? e in base a quale indicatore il cittadino potrebbe ottenere l’autorizzazione a votare? Chi dovrebbe introdurre queste regole in grado di tutelare tutti?
La considerazione che la democrazia rappresentativa di stampo liberale come oggi è strutturata sia uno strumento ormai superato, mi sembra condivisibile. Il sistema democratico, basato sull’elezione ciclica di delegati ai quali viene conferito un mandato generale in bianco per alcuni anni, risulta ormai anacronistico e non adeguato né alla complessità della società moderna, né alla sua velocità di cambiamento. Basti osservare l’inadeguatezza di certi rappresentanti politici eletti, non solo al di qua delle Alpi ma anche in altri paesi occidentali.
Il tema delle possibili distorsioni della democrazia è dibattuto sin dall’antichità. Polibio un paio di millenni fa introdusse il termine ” oclocrazia“, letteralmente “governo della massa”, per indicare una forma degenerata di democrazia, dove a dominare non è più la volontà popolare ma gli istinti di una massa variamente fomentata da demagoghi o da reazioni emotive (definizione quanto mai attuale…).
Tutto ciò premesso, tuttavia, faccio mio quanto Winston Churchill affermò l’11 novembre 1947, durante un discorso alla Camera dei Comuni: “Nessuno ha la pretesa che la democrazia sia perfetta o onnisciente. Infatti, è stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo ad eccezione di tutte le altre forme che sono state sperimentate di volta in volta.”
L’epistocrazia lascia troppe domande inevase: come si può definire in maniera oggettiva la “conoscenza”? Quale sarebbe l’indicatore corretto di conoscenza oltre il quale il cittadino otterrebbe l’autorizzazione a votare? Soprattutto, chi lo dovrebbe stabilire e, di conseguenza, come dovrebbe avvenire il passaggio da un sistema all’altro? Il concetto di democrazia si è sviluppato sulla base della necessità di garantire i diritti civili e politici a tutti, al fine di tutelare anzitutto la minoranza. Quale “organo di saggi” sarebbe oggi così autorevole e super partes da introdurre regole in grado di tutelare tutti?
Per Noam Chomsky – professore emerito del Department of Linguistic and Philosophy del MIT di Boston, che ha elaborato la lista delle 10 regole del controllo sociale, ovvero, le strategie utilizzate per la manipolazione del pubblico attraverso i mass media – tanti dogmi economici neoliberisti ripetuti come un mantra hanno un unico obiettivo: smantellare lo stato sociale. La politica iperliberista non solo ha messo in ginocchio l’economia ma ha anche minato la democrazia, in Europa ancor più che negli Stati Uniti.
In una fase storica in cui le inefficienze della democrazia rappresentativa sono accompagnate da politiche iperliberiste e da scorciatoie populistiche, la reale indipendenza dei mass media dovrebbe essere una precondizione per qualunque processo di trasformazione della democrazia. Secondo il report del 2016 del “The Economist” sul “Democracy Index”, l’Italia rientra tra le “democrazie imperfette” , ovvero “nazioni dove le elezioni sono libere e le libertà civili di base sono rispettate, ma possono avere dei problemi (ad esempio violazione della libertà d’informazione). Nondimeno, queste nazioni hanno delle significative falle in altri aspetti democratici, inclusi una cultura politica sottosviluppata, bassi livelli di partecipazione nella vita politica, e problemi nel funzionamento del governo”. La cosiddetta Costituzione rigida, emendabile solo con ampia maggioranza, e con un nucleo di principi fondamentali e libertà civili che non è possibile cambiare legalmente, rappresenta una tutela.
Per Paul Samuelson, premio Nobel per l’economia nel 1970 e consigliere economico di John Kennedy, “la ricerca della democrazia perfetta da parte delle grandi menti della storia si è rivelata la ricerca di una chimera, di un’autocontraddizione logica”.Forse conservare l’attuale suffragio universale, ma alzare l’asticella sui requisiti da possedere al fine della candidabilità potrebbe essere un primo passo nella giusta direzione.