Una vita “precaria” a passo di danza

di Rossella Aprea

Anche agli artisti, che inseguono un sogno, scegliendo ed accettando che la propria vita sia per definizione “precaria”, il nostro Paese offre ancora meno tutele e garanzie. La loro scelta diventa sempre più una scommessa ad alto rischio, motivata solo da una passione incontenibile, che li destina ad una vita sempre condotta sulle “punte”. Eppure una vita amata, per quanto carica di ansie e incertezze, che non si potrebbe immaginare diversa, rincorrendo audizioni continue, brevi e faticose tourné, compensi variabili in un orizzonte segnato da lunghe attese.

Incontro S.R., ballerina di danza contemporanea, in un centro Gyrotonic a Roma, dove lavora come istruttrice ed è appunto alla fine delle sue sedute con i clienti che ci appartiamo in una saletta relax molto sobria, riservata proprio agli istruttori. Ci accomodiamo su un divanetto e la mia prima preoccupazione è riuscire a rassicurare S.R. che potrà parlare liberamente, ignorando il mio piccolo registratore e concentrandosi esclusivamente sul racconto della condizione del precario artista. Preferisce, però, che sia io a porle le domande, ma mi basta chiederle qualche dettaglio sulla sua età e sul motivo per cui ha scelto di diventare ballerina, per riuscire a far fluire con delicatezza e serenità la sua storia, velata da una punta di malinconia che avverto dall’inizio alla fine della nostra chiacchierata.

Così esordisce “Ho quasi trentadue anni, ho cominciato a lavorare seriamente nel 2000, entrando nella compagnia di Renato Greco. Sin da piccola ho praticato la danza, ma ho scelto questa strada a 16 anni, quando ho avvertito che la mia città, Campobasso, mi stava stretta, e ho sentito che questa passione per me si stava trasformando in qualcosa di più forte e così con il consenso dei miei genitori sono andata a Reggio Emilia. Ho completato lì gli ultimi due anni del liceo scientifico e contemporaneamente ho seguito una scuola di formazione classica, di danze storiche e di carattere, vivendo nel collegio collegato, gestito dalle suore Focolarine. Ma la mia aspirazione era quella di approfondire la danza contemporanea, perciò sono venuta a Roma a 19 anni e ho lavorato nella compagnia di Renato Greco, prima con una borsa di studio e poi con un ingaggio. Il mio primo stipendio è stato di 900.000 lire, lo ricordo ancora, c’erano ancora le lire… che grande traguardo per me!”.

Le chiedo questo compenso a quale periodo di lavoro si riferiva Mi spiega che esistono due forme di remunerazione per i danzatori, legate al tipo di compagnia con cui si lavora. ” Ci sono compagnie sovvenzionate dallo Stato, e i ballerini che vi lavorano in relazione alla durata del contratto percepiscono uno stipendio mensile a prescindere dagli spettacoli che vengono messi in scena, altrimenti si lavora a progetto. Purtroppo, io non mi sono mai trovata nella prima condizione, quindi ho sempre lavorato a progetto come co.co.co. La partita IVA l’ho aperta solo quando ho lavorato a Buona domenica in TV per tre anni. Il livello del corpo di ballo di Buona Domenica degli anni Ottanta e Novanta era elevato, i ballerini percepivano anche un milione di lire a spettacolo. Quando ho lavorato io le cose stavano già cambiando sia nella qualità del corpo di ballo, sia nell’entità del compenso, ma, comunque, nei tre anni di Buona domenica ho ottenuto un buon guadagno. Sono stata fortunata. Però, finiti quei tre anni è stato il disastro.”

Le chiedo come era arrivata a lavorare in TV e mi racconta che dopo i tre anni con la compagnia di Renato Greco, partecipando ai provini era stata scelta come concorrente nel programma Amici di Maria De Filippi e mi spiega “Quando inizi non hai il senso del denaro, il senso della vita. Quando si è giovani non si pensa al guadagno, ti butti, perchè è una passione talmente forte. Sei talmente giovane, che sei entusiasta e ti butti a far tutto, anche perchè non sai ancora che cosa vuoi veramente. Facevo sacrifici. Andavo a lavorare in un pub la sera per ingranare. A quell’età vivi tutto con slancio, con passione. Prendi tutto ciò che puoi. Hai una gran voglia di fare, perchè fin quando non provi, non sai se qualcosa ti piacerà o no. E io ho sempre provato, cercando, però, di vivere tutto sempre con moderazione, sempre con criterio. Finito il periodo nella compagnia di Renato Greco, volevo fare altro e allora tra le tante audizioni fatte, c’è stata anche quella ad “Amici” di Maria De Filippi e mi è andata bene. Ho partecipato a quasi tutto l’anno di trasmissioni da Settembre a Maggio, sono uscita alla terzultima puntata, mi reputo fortunata, perchè dopo quell’esperienza mi hanno chiamato a Buona Domenica e con i guadagni percepiti mi sono fatta passare degli sfizi, e ho potuto anche mettere dei soldi da parte. Ma i programmi televisivi sono un calderone fatto di tante cose e di tanta gente e quindi anche se io nel corso di quegli anni avevo continuato a coltivare i miei studi di ballerina, gli addetti ai lavori ti etichettano in un certo modo nell’ambiente della danza, quando hai lavorato in TV. E’ vero che a volte nelle trasmissioni televisive sei affiancato a persone che fanno ballare perchè sono belle o famose a discapito della qualità della danza, ma non è giusto considerare tutti allo stesso modo. Io, poi, quando non ci hanno rinnovato più il contratto, mi sono trovata veramente spiazzata. Non mi riconoscevo più come ballerina. E’ come se avessi perso la mia identità. Nonostante io non abbia mai smesso di allenarmi, quando entri in meccanismi tanto più grandi di te, sei travolto, spiazzato completamente. Perciò ritrovare fiducia in me, ritrovarla negli altri e comunque recuperare credibilità, è stato difficilissimo. Perfino tornare a partecipare alle audizioni è stato difficile proprio perchè il pregiudizio è inevitabile, anche se l’esperienza televisiva l’hai vissuta con la tua personalità, non cedendo a nessun tipo di compromesso e mantenendoti integra come persona. Io non mi sono mai vista come una ballerina televisiva, sono una ballerina di teatro, quella televisiva è stata solo una parentesi. Ma un giovane che deve fare? Se gli capita una possibilità del genere, deve rinunciare ad un lavoro che gli si offre in un periodo della tua vita, in cui ha già così poche chance di guadagno? Oggi, a 32 anni sto rinunciando a diversi lavori che mi vengono offerti, perchè ora so cosa voglio, so quali sono i miei obiettivi precisi, ma a vent’anni era diverso.”

Quindi, le chiedo, se questa esperienza in televisione per lei è stata più dannosa o più vantaggiosa.

“Se mi guardo indietro” mi risponde senza indugio “alcune volte ho pensato che sia stata dannosa, perchè avrei potuto lavorare di più in compagnia, e poi perchè è più difficile tornare in forma, quando hai raggiunto già 26 anni. Però, adesso per la serenità che ho raggiunto, per i miei obiettivi, per il modo di vivere la danza che provo ora, sono contenta di quello che ho fatto. Forse se non avessi vissuto certe esperienze, non avrei capito altre cose. E’ stato un percorso. Poi, però, finita la TV è stata tosta. Devi sempre allenarti, devi fare audizioni, devi sempre correre. Sono riuscita a fare altri lavori in teatro, un musical bellissimo “Actor Dei”. Un altro musical, invece, è stato negativo, perchè, dopo aver lavorato per due mesi, nessun ballerino dello spettacolo è stato pagato. La cosa più sconcertante è che su un cast di 40 persone abbiamo fatto causa solo in tre. Gli altri hanno preferito rinunciare, alcuni di questi l’anno seguente a quell’infausta esperienza, hanno accettato di lavorare per la stessa produzione, che non li aveva pagati. Allora mi domando, perchè vanno male le cose? Perchè noi non siamo tutelati, le produzioni se ne approfittano e ci sono persone che, pur di lavorare, accettano qualsiasi cosa. Ma la dignità dov’è? Uno si ammazza di lavoro da una vita per raggiungere certi obiettivi e poi scende a questi compromessi? Io capisco che, pur di guadagnare si è disposti a molto, ma io penso che ci debba essere un limite, perchè per questo motivo tutti gli stipendi sono diminuiti e ora qui in Italia si punta non alla qualità ma alla quantità. Tanto se non accetti tu, ci sarà un altro, di età probabilmente inferiore, che accetterà di lavorare per due lire perchè è alla prima esperienza, è pronto a lavorare, è pronto a tutto. E così le cose non vanno e la situazione è completamente degenerata nel nostro Paese sotto tutti i punti di vista: professionale, qualitativo ed economico. Così io, ad esempio, mi ritrovo ad affrontare una causa da tre anni per ricevere un compenso non pagato, e non riesco ad ottenere giustizia. Pur essendo disponibile a trattare per chiudere rapidamente la vicenda mi sono vista ridimensionato l’importo del compenso pattuito, e ugualmente negato il pagamento rateizzato che mi sono mostrata disposta ad accettare.”

Mi viene naturale chiederle come sia possibile non disporre di qualche assicurazione o garanzia.

“Non abbiamo nessun tipo di tutela. Il contratto firmato, oggi, non vale niente, perchè, se nemmeno con un contratto firmato riesci a far valere i tuoi diritti, allora non vale niente. Sì, devi fare causa, ma per i costi che implica una causa rispetto alla somma che ti deve essere versata, forse non ne vale la pena. Sono stata anche derisa dalla controparte per aver intentato la causa di cui ti ho parlato per 2600 euro. Questa è la situazione italiana, ed è negli ultimi anni che è degenerata completamente.”

Le parole di S.R. mi fanno tornare alla mente quelle di G.R. che lavorava nel Centro Orientamento Lavoro e si esprimeva nello stesso modo “negli ultimi 5-6 anni la situazione è cambiata completamente”. Dunque, tutele non ce ne sono, a parte quelle indicate nel contratto, così capisco che se non si riesce ad entrare in compagnie sovvenzionate dallo Stato, per i danzatori resta solo l’ingaggio.

“Quello che io ho notato, entrando a lavorare negli ultimi anni nella compagnia francesce di Julien Lestel, è che all’estero ballerini con una formazione completamente diversa hanno la medesima considerazione, se sono bravi. In Italia, invece, se sei una ballerina classica, hai già un certo riconoscimento ed un certo tipo di titolo. Ti è riconosciuta una dignità diversa, mentre una ballerina di contemporaneo o ha certi connotati oppure neanche viene considerata. Nella compagnia di Lestel, invece, siamo tutti diversi, anche tecnicamente – danzatori classici, danzatori contemporanei – ed è qui che si manifesta la grandezza del coreografo, cioè nella sua capacità di valorizzare le caratteristiche di ciascuno. In Italia io non ho trovato questo atteggiamento in nessun tipo di coreografo.

Alla compagnia di Julien sono arrivata dopo una vicenda incresciosa. Avevo appena finito un mese di prove per il musical “Cenerentola”. Prima del debutto al Teatro Sistina c’erano tre giorni di interruzione, in cui non ero sotto contratto, la cui copertura garantisce solo il periodo delle prove e degli spettacoli. In quei tre giorni mentre continuavo ad allenarmi, purtroppo, ho avuto un incidente: una frattura scomposta al quinto metatarso. E’ saltata la tourné per me, non ho ricevuto alcun compenso ovviamente e tanto meno qualche forma di risarcimento. Per la prima volta dopo anni sono stata 6 mesi ferma. E così ho pensato per la mia riabilitazione al Gyrotonic, un’attività che avevo cominciato a praticare quando già lavoravo da Renato Greco nel 1999.

Mi sono ritrovata a 29 anni con un incidente alle spalle. Stavo per mollare tutto. La proposta di Pietro Gagliardi del White Cloud Studio di fare il corso per diventare istruttrice di Gyrotonic mi è sembrata un’ottima opportunità. In quel periodo sono riuscita a mantenermi grazie ai soldi messi da parte con gli spettacoli televisivi. Altrimenti con le sole produzioni teatrali, non sarei potuta andare avanti. A teatro quando le produzioni andavano bene, riuscivo a coprirmi solo le spese, senza accumulare risparmi. Quando andavano male, cioè quando accadeva di non essere pagata, attingevo ai guadagni televisivi risparmiati. Perciò non rinnegherò mai quello che ho fatto in TV. Dopo l’incidente, come ti dicevo, volevo lasciare tutto, ma quando hai una passione che preme dentro di te costantemente, non puoi non ascoltarla. Così mi sono presentata a un’audizione a Venezia e mi hanno ingaggiata. Lavorando per due mesi e mezzo in Francia per montare lo spettacolo ho conosciuto Julien Lestel e il suo collaboratore, che mi hanno apprezzata e mi hanno chiesto di lavorare nella loro compagnia.

I contratti francesi sono simili a quelli italiani, ma sono rigorosi. Ci sono sempre stati garantiti vitto e alloggio in alberghi a quattro stelle, la paga adeguata per prove e spettacolo, una diaria che ci veniva consegnata a scadenze fisse di pochi giorni, e in ultimo la possibilità di conoscere un anno prima il programma dello spettacolo, in modo da potersi organizzare per incastrare altre attività. Julien, ora, mi ha offerto anche la possibilità di lavorare con la sua compagnia con un contratto annuale”.

Sembrerebbe un’ottima notizia, ma S.R. non mi sembra contenta, percepisco la sua perplessità, quasi una preoccupazione, e capisco in fondo che sarebbe una scelta condizionante per il suo presente e il suo futuro.

“Ci sto pensando, certo lavorare con Gyrotonic adesso per me è impegnativo, soprattutto perchè devo costruirmi una clientela, ma è il lavoro che potrò svolgere in futuro. Questo primo anno sarà in perdita, lo sapevo perchè le spese sono notevoli, ma lo considero un investimento per il mio futuro. Anche se certo dovrei approfittare ora di ballare, perchè non lo potrò fare per molti altri anni. Ecco perchè sto seguendo un costoso corso di livello superiore come istruttore di Gyrotonic. Sono fiduciosa per il mio futuro in questa attività, vedo i miei colleghi e capisco che se ingrani e diventi brava, i guadagni e le soddisfazioni arriveranno, ma non ci sarà mai una stabilità. Nella mia vita non ci sarà, ma è una mia decisione, è una mia scelta. Ma adesso cos’altro potrei fare? Io dietro una scrivania non ci posso stare, devo tenere allenato il mio corpo e la mia mente tutti i giorni, se no impazzisco. E’ proprio una questione di sopravvivenza per me, fa parte del mio DNA, senza togliere niente al lavoro di nessun altro.”

Le chiedo se i suoi familiari l’aiutano economicamente in qualche modo, mi risponde sicura.

“No, non mi faccio aiutare, magari io potessi aiutare loro. E’ stato sempre il mio sogno. Non la voglio fare tragica” e sorride malinconica “ma è veramente dura. Tanto, tanto dura.”

Lavorare senza alcuna rete di protezione è estremamente rischioso. Le domando se ritiene che nel suo lavoro si dovrebbe essere maggiormente tutelati almeno nei momenti in cui non ci sono ingaggi. Mi spiega “Prima avevamo l’indennità di disoccupazione che ci veniva garantita solo se avevamo effettuato almeno 78 giorni di lavoro durante l’anno, ma nel 2011 ci è stata tolta. Infatti, la mia richiesta presentata per l’anno appena concluso, è stata respinta. Tutta la categoria degli artisti non percepisce più neanche questa forma molto contenuta di sussidio. Tutti noi artisti ci stiamo arrangiando, io ormai sono diventata selettiva. Arrivata a questa età, ho detto basta, faccio solo quello che mi dà soddisfazione e quindi ho le mie due, tre attività che incastro come posso e non mi sbatto più, come continuano a fare gli altri, a cercare ingaggi.

Ormai penso a me, sono focalizzata su di me. Ora voglio costruirmi un futuro, voglio diventare mamma presto, voglio dare anche io delle garanzie alla mia famiglia, a mio marito, al mio compagno, perciò se vado a lavorare all’estero, non mi basta l’ingaggio, vorrei anche assicurato vitto e alloggio, altrimenti non riuscirò a mettere nulla da parte. Devo valutare. Non so cosa decidere, lascerò fare un po’ al destino, ci penserò al momento. Sono decisioni difficili, pesanti da affrontare”.

Ha rivelato senza nascondersi la sua storia, si avverte la passione, una serena consapevolezza, una maturità disincantata e amara, ma uno sguardo che vuole guardare oltre, vuole andare avanti.

Le chiedo “Lo rifaresti?

Risponde senza esitazione “Sì, anche se qualche volta penso che uno stipendio mensile di mille euro, garantito, mi farebbe proprio comodo. Però, io sono questa, non mi sarei immaginata in maniera diversa. Del resto, questa è tutta vita, è tutto carattere, tutta esperienza.”

Una telefonata interrompe la nostra conversazione, ci riporta alla realtà. Ci aspettano, lei deve tornare dal suo compagno. Nel centro Gyrotonic non è rimasto più nessuno, c’è silenzio, le macchine sono a riposo, ci avviamo all’uscita, le luci si spengono.

A casa, mentre sto per cenare lo squillo del cellulare mi annuncia l’arrivo di un messaggio. E’ S.R., mi ringrazia. E’ lei che ringrazia me perchè ha potuto raccontarsi, farsi conoscere di più. E’ incredibile, la delicatezza e la sensibilità delle persone non smetteranno mai di sorprendermi.