Consumare ed essere dalla parte “giusta”

di Massimiliano Carloni

Negli ultimi giorni abbiamo trattato il problema del rapporto perverso che si è determinato tra arte e consumo, e più in generale anche dei limiti e delle degenerazioni di un capitalismo, che ci ha trasformati in puri e semplici consumatori, non più cittadini. Massimiliano Carlomagno, riferendosi all’articolo di Paolo Deganello espone le sue osservazioni proseguendo il dibattito sui danni della mercificazione della nostra economia e del modello economico capitalistico/consumistico che tende a massimizzare il benessere sociale di una parte della società grazie allo sfruttamento dell’altra parte. A noi basta sapere che siamo capitati dalla parte “giusta” della società?

Gli interventi del designer Paolo Deganello pubblicati nelle ultime settimane hanno voluto mettere in evidenza, il problema del rapporto perverso che si è determinato tra arte e consumo, e più in generale anche dei limiti e delle degenerazioni di un capitalismo, che ci ha trasformati in puri e semplici consumatori, non più cittadini, studiati, spiati, osservati dalle agenzie pubblicitarie e dai reparti di marketing delle aziende allo scopo di indurci all’acquisto dei propri prodotti, e a consumare senza freno. Questo tipo di economia non è più sostenibile. “Non è il lavoro dei consumatori sapere quello di cui hanno bisogno”, ciò che conta è l’attrazione potente esercitata dal marchio e questo Deganello lo indica chiaramente nell ‘articolo “Designed by Apple in California, assembled in China “, senza opporsi per principio al progresso, ma essendo fermamente contrario alle sue degenerazioni.

Massimiliano Carlomagno, riferendosi all’articolo di Paolo Deganello ha esposto le sue osservazioni, che vi proponiamo, perchè il dibattito sui danni della mercificazione della nostra economia si apra costruttivamente per conseguire una maggiore consapevolezza culturale e riuscire a formulare proposte costruttive per una migliore qualità della vita.

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Da Ingegnere “puro” dovrei considerare incomprensibile il fenomeno Iphone (anche quello di altri prodotti Apple). Non posso non meravigliarmi nel vedere orde di invasati che pernottano in fila davanti a un negozio per acquistare a caro prezzo un prodotto tranquillamente sostituibile con altri “meno impegnativi”. Io me le immagino queste veglie tecnologiche in cui i confratelli recitano preghiere che parlano di connessioni, megapixel e applicazioni e sognano ad occhi aperti. Si proiettano nel futuro e già si vedono mentre muovono le proprie dita sul magico display. La loro fede è incrollabile, sono assolutamente convinti che godranno di prestazioni ineguagliabili. Nulla pesano piccoli ma evidenti fastidi assenti nella concorrenza (come l’impossibilità di ampliare la memoria con schede SD esterne o la necessità di utilizzare accessori proprietari) . Alla fine, stanchi ma felici, entrano in chiesa (pardon… nello store) tra due ali di commessi-sacerdoti che applaudono e ne escono, tra le ovazioni degli altri fedeli, col sacro oggetto bene in mostra. Da ingegnere tutto ciò mi sembra assurdo, è roba da sociologi. Per me è una sorta di religione. Una religione più semplice delle tradizionali, con quella della mela ti porti a casa un pezzo del tuo Dio, basta pagare. Le altre richiedono una maggiore spiritualità.

Credo che tutto ciò sia possibile grazie a quanto evidenziato nell’articolo di Deganello. Non penso siano strategie esclusive di Apple ma Apple le sa usare in modo magistrale. Per avere altri esempi di rapida obsolescenza basta dare un’occhiata al ciclo di vita dei modelli di automobile, ridottisi drasticamente dagli anni 80 ad oggi. Per il design e l’immagine mi viene in mente qualcosa che ha “infinocchiato” anche me: Nespresso. Tutto bello, il caffè si compra in boutique e mentre lo fai ti senti di appartenere ad una elite. Che il progresso sia somministrato in modalità “push” non è una novità. Quando si iniziò a lavorare ad UMTS davvero nessuno ne sentiva il bisogno oltre ai produttori di apparati e agli operatori. In Cina poi, come sappiamo, producono tutti.

Apple è molto brava ad usare, tutti assieme, questi meccanismi. Giusto prenderla ad esempio ma concordo col rischio di demonizzare il progresso tecnologico. Credo si possa fare progresso maggiormente sostenibile dal punto di vista sociale. Il modello Android è potenzialmente migliore ma solo se ci si svincola dalla morsa di Google. Credo che Google abbia sviluppato Android con l’obiettivo di estendere il più possibile il suo strapotere in rete, raggiungendo anche gli utenti mobili. Il tutto sotto la bandiera dell’open source, una cosa che suona di libero e di democratico.

Credo che Jobs fosse un genio ma non uno stinco di santo. Non credo a chi dice che sta creando prodotti tecnologici per migliorare il mondo o, quantomeno, penso sia consapevole che per migliorare” una parte di mondo se ne deve sfruttare un’altra. Non capisco molto di economia ma mi sembra un po’ ironico il concetto di massimizzazione del benessere sociale. Tendo a fare confusione geografica. Quando si parla di villaggio globale tendo ad associargli confini planetari, poi penso a un benessere sociale planetario e le cose non mi tornano. Finisco col concludere che il modello economico capitalistico/consumistico tende a massimizzare il benessere sociale di una parte della società grazie alle esternalità (per usare un linguaggio coerente) che derivano dell’altra parte (ora il magrebino che lavora in nero in un cantiere, ora il bambino cinese che lavora 18 ore al giorno in un alveare di persone). Il modello tenderà al risultato corretto se la funzione “numero di sfigati” vs tempo è monotonicamente decrescente. Anche in questo caso ci vorrà probabilmente molto tempo perché il serbatoio di sfortunati da sfruttare è molto grande. Prima che questo possa accadere, poi, per continuare a godere dei benefici di essere capitati dalla parte “giusta” della società si potrà sempre decidere di ripristinare ufficialmente la schiavitù.