La politica post-ideologica

“We will use online social organizing, which many of our founders pioneered, to build a movement in the tech community, while engaging in direct advocacy at the state and district level to support members of Congress, regardless of party”. Da http://www.fwd.us/about_us, Sito della fondazione Zuckerberg.

Mentre in Italia si consuma il solito “teatrino” della politica nostrana, Mark Zuckerberg lancia un progetto sociale inclusivo rigorosamente a-partitico, come ribadito dal grassetto della citazione sopra. A dirla tutta, Mr. Facebook fa di più, salta su un aereo per Washington per far notare al Presidente Obama che i rapporti tra servizi di intelligence e colossi del web devono essere più trasparenti, altrimenti scandali come il Datagate minano la fiducia degli iscritti ai social e dell’economia che essi sostengono. Che la si veda come una lobby volta a rimpinguare i profitti del suo genitore, o come una sorta di organizzazione para-governativa globale di matrice privata, la fondazione Zuckerberg promuove lo sviluppo dell’economia della conoscenza in modo rigorosamente bipartisan e tendenzialmente selettivo, cioè più confacente agli interessi del business di Facebook, particolarmente attenta a quella fascia di immigrati che studia o lavora in settori legati all’informatica e alle scienze quantitative: gli immigrati negli Stati Uniti rappresentano il 33% degli ingegneri, il 57% dei dottorandi in ingegneria, il 27% di matematici, statistici, esperti in informatica, il 50% di dottorandi in informatica e matematica (cfr.: http://www.fwd.us/spread_the_word, dove non vengono però indicate le fonti e i dettagli sull’elaborazione di queste percentuali).

Siamo difronte ad un potere privato globale che promuove un fine pubblico, come quello dell’integrazione socio-economica degli immigrati, in modo tendenzialmente sezionale, cioè riservando particolare attenzione a quegli immigrati che fanno parte della cd. tech community, esperti in scienze informatiche, statistiche etc.

Questa globalità sezionale non sceglie come interlocutore politico il rappresentante di questa o quella parte politica, di questo o quel partito, di questo o quello schieramento, in altre parole è trasversale all’ideologia politica. Non sceglie tra destra e sinistra (qui messe in ordine alfabetico). “Noi che lavoriamo nell’hi-tech abbiamo per troppo tempo considerato la politica come una cosa inutile di cui non occuparsi. Ma adesso dobbiamo sporcarci le mani e darci da fare per rendere il mondo migliore. C’è troppo cinismo, è facile accusare i senatori di non fare niente, ma non è corretto, s’impegnano nelle loro attività come tutti noi: dobbiamo aiutarli. Certo ci sono delle difficoltà, ma io sono ottimista, altrimenti non avrei creato cose pazze”. (M. Zuckerberg da La Repubblica del 20 09 2013, p. 17, articolo di Massimo Vincenzi). L’approccio verso la politica è di tipo propositivo, collaborativo.

In un certo qual modo, la tendenza ad un approccio post-ideologico c’è anche in alcuni leader politici nostrani emergenti. Matteo Renzi vuole i voti dei delusi del centrodestra perchè capisce che il legame tra la nostra identità e l’ideologia si è allentato. Ebbene sì, diciamolo: c’è una parte di società civile che non si riconosce più in questo o in quel “partito”, in questo o quello slogan, che non vuole turarsi il naso prima di andare a votare e che nutre il crescente flusso dell’astensionismo, del non-voto. E non è un caso che anche quei neo-movimenti che coaugulano attorno a sé il cd. voto di protesta, – in Italia il Movimento 5 stelle – non riescono a trovare una collocazione a destra o a sinistra.

Sembrerebbe che la politica post–ideologica voglia progetti da realizzare, non programmi declamati per l’ennesima volta, vuole un sistema migliore che funzioni per ognuno sì, ma anche per molti, possibilmente per tutti coloro che vogliono ancora una vita di qualità e che la ritengono imprescindibilmente legata ad un’evoluzione civile del nostro pianeta, non più solo del loro Paese.