L’evasione fiscale come problema reticolare

di Katia Marcantonio

Prosegue il confronto suscitato da Luca Bergo sul tema dell’evasione fiscale. Katia Marcantonio ci offre il suo contributo, evidenziando che l’evasione è il nodo di una rete pluridimensionale, che non si potrà contrastare se non come problema reticolare. Per K. Marcantonio, infatti, molteplici sono le dimensioni che entrano in gioco: la dimensione culturale per cui i cittadini dovrebbero pagare per assicurare il benessere di tutti e quella per cui chi esercita funzioni pubbliche deve fare un uso onesto delle entrate raccolte attraverso il gettito fiscale. Ci sono regole differenti, che creano le condizioni perchè alcuni Paesi diventino dei paradisi fiscali e ci sarebbe la necessità di controlli seri e continui, non di exploit. C’è, parimenti, bisogno del fondamentale rispetto del principio della proporzionalità della pressione fiscale, cosicchè questa non inibisca affatto lo sviluppo economico di singoli e di imprese.

Dedicato agli onesti, rari, ma buoni

Dopo i fatti di Cortina l’opinione pubblica sembra aver riscoperto quanto sia doveroso pagare le tasse, in barba a chi, in rassegnato silenzio, le paga da sempre, perché non può ingegnarsi diversamente o perché crede nel senso della comunità civile? Ai posteri l’ardua sentenza.

Quello che qui vorrei evidenziare è un concetto banale, sul quale però non è banale cominciare a riflettere più approfonditamente per cominciare a combattere il fenomeno evasione fiscale.

Il concetto banale è il seguente: l’evasione è il nodo di una rete pluridimensionale e non si combatte se non si concepisce come un problema reticolare.

Una dimensione è quella culturale: pagare per il benessere di tutti, dopo che ci si è assicurati il proprio; si usano risorse comuni per procacciarsi il proprio benessere, ergo bisogna contribuire al patrimonio comune e via dicendo. Questa dimensione può rifiorire a partire da un rinnovato insegnamento dell’educazione civica nelle scuole primarie, a cominciare, cioè, dal formare i bimbi a un senso dell’appartenenza sociale.

Una seconda dimensione è quella delle regole: fin quando i regimi fiscali e quelli sul riciclaggio di denaro (money laudering) dei paesi del mondo saranno notevolmente differenti, sarà facile sfruttare ogni possibilità di arbitraggio per pagare meno tasse, per eludere. In questo contesto, l’evasione è il nodo di un circuito globale: si nutre di asimmetrie regolamentari compiaciute e compiacenti. Non è detto che tutto il mondo è paese, è legittimo che alcuni stati abbiano un regime fiscale diverso da altri; tuttavia, questa pur legittima disomogeneità dovrebbe garantire uno standard di regole minime globali, rispettate da tutti i paesi e tale da evitare la formazione di paradisi fiscali.

Un’altra dimensione è più difficile da spiegare al pubblico generalista, i giuristi la chiamano enforcement: è la dimensione dei controlli, dal momento che la probabilità che qualcuno infranga le regole è sempre positiva, insomma, globali o no, qualcuno le regole le infrange sempre. Siccome, nel caso dell’evasione, spesso, per infrangerle utilizza tecniche di arbitraggio tra regimi fiscali diversi, bisognerebbe intensificare e ottimizzare la collaborazione in caso di rogatorie internazionali, etc … . Bisognerebbe intensificare anche i controlli come quello effettuato a Cortina, forse con qualche riflettore meno puntato.

C’è un’ulteriore dimensione che ogni soggetto affezionato al pensiero liberale non può negare: la pressione fiscale deve sempre essere ragionevole e proporzionata e mai fungere da deterrente per il decollo o lo sviluppo di attività produttive. Sia chiaro: la sproporzione della pressione fiscale non è in sé una giustificazione per evadere o eludere, ma nessun regime fiscale tipico di uno stato liberale può inibire la produzione, l’innovazione e tutte quelle attività delle quali il progresso economico di una società si nutre.

L’ultima dimensione torna a porre in luce un problema culturale: chi esercita funzioni pubbliche deve far buon uso dei proventi della fiscalità. Anche qui,non si vuol offrire alcuna sponda al giustificazionismo dell’evasore, anzi si intende chiarire che ciò che in nome del pubblico viene prelevato al pubblico benessere deve essere restituito, e non sperperato a fini privati, in nome del pubblico, magari chiamato Stato o Res Publica.

Come dire che l’evasione fiscale non è un problema reticolare?