Ora e sempre resistenza

di Rossella Aprea

Dal potere degli uomini al potere delle idee. “Abbiamo bisogno di leader intellettuali che siano preparati a resistere alle blandizie del potere e del consenso, e che siano disposti a lavorare per un ideale anche se le prospettive di una sua immediata realizzazione sembrano irrisorie… Uomini che lascino i compromessi pratici ai politici. …” E qui dovrebberio entrare in campo le nostre forze migliori. Il prossimo governo sembrerebbe, per necessità, data la situazione di estrema gravità, voler rispondere a questo principio. Ma sarà così? “Ora e sempre resistenza” è un invito a restare “sempre” vigili.

E’ una frase divenuta famosa, l’ultimo verso di un’epigrafe datata 4 dicembre 1952, scritta da Calamandrei per una lapide collocata nell’atrio del palazzo comunale di Cuneo, in protesta per la liberazione di Albert Kesselring, comandante delle forze di occupazione tedesche in Italia, condannato all’ergastolo nel 1947 ma liberato nel 1952 per “gravi” condizioni di salute”. Sulla lapide campeggiano anche i nomi delle vittime.

E’ un grido, un incitamento, un impegno solenne, oggi un monito. In questa frase è racchiusa la storia del nostro passato, l’incoraggiamento a praticarla nel nostro presente, e la promessa, unica e assoluta, da mantenere nel nostro futuro.

C’è tutto, tutto quello che può servire per ritrovarci come individui e come nazione, se lo vogliamo, se e quando decideremo di farlo.

In questa frase acquista significato ciò che stiamo tentando di realizzare attraverso questo sito – LIB21 – un lavoro certosino e faticoso per ricucire pensieri, elaborare riflessioni, recuperare testimonianze, incoraggiare, sollecitare e invitare a raccolta persone che, nonostante le delusioni e l’assoluta inadeguatezza della realtà in cui viviamo, sempre più mortificante e demotivante, credono ancora che ci si debba impegnare per creare una società più giusta e più umana.

Proprio in un momento disorientante come questo, e per alcuni persino drammatico, bisogna stare uniti, riuscire a ritrovare coesione e solidarietà per andare avanti. Fare rete, ma non una rete semplicemente virtuale. Bisogna, senza preclusioni ideologiche, ritrovarsi per discutere, per tornare a parlare di cose concrete, di contenuti, di programmi, di ciò che ci riguarda sempre e comunque, anche quando sembra non toccarci direttamente. Tornare ad un vero e proprio impegno civile. Non possiamo più ignorare, come raccontava Calamandrei, che il bastimento affonda. Non possiamo continuare a ripetere con cinismo stolto che a noi non importa, tanto non è nostro. Il problema è che se anche non ci appartiene, noi ci stiamo sopra e, quindi, il suo inabissamento non può esserci del tutto indifferente, anzi ci riguarda eccome.

Natalia Ginzburg scriveva ne Le piccole virtù che “L’Italia è un paese pronto a piegarsi ai peggiori governi. È un paese dove tutto funziona male, come si sa. È un paese dove regna il disordine, il cinismo, l’incompetenza, la confusione. E tuttavia, per le strade, si sente circolare l’intelligenza, come un vivido sangue. È un’intelligenza che, evidentemente, non serve a nulla. Essa non è spesa a beneficio di alcuna istituzione che possa migliorare di un poco la condizione umana. Tuttavia scalda il cuore e lo consola, se pure si tratta d’un ingannevole, e forse insensato, conforto”.

Leggo e sottoscrivo pienamente quanto afferma la Ginzburg, ma trovo insopportabile l’idea di un’intelligenza inutile e inutilizzata. A me non scalda il cuore e non consola sapere che questa intelligenza esista, anzi mi irrita profondamente come tutto ciò che viene sprecato da chi ne dispone in abbondanza. E’ un insulto a noi stessi. Nonostante ciò, questa consapevolezza alimenta un sentimento ambivalente che oscilla tra speranza e scetticismo, e cioè l’idea di poter risvegliare questa intelligenza, perché è a rischio la nostra libertà.

Il bastimento affonda. Roma brucia, ragazzo – diceva Robert Redford nel film “Leoni per agnelli” a un suo studente disinteressato. Questo ci riguarda. Riguarda tutti.

Abbiamo vissuto in una società del benessere, in cui l’obiettivo primario era raggiungere la sicurezza, il denaro, il successo, il potere a qualunque prezzo. E il prezzo che si paga sempre in questi casi è quello della dignità, della libertà.

Friedriech A. Von Hayek in The road to serfdom (La via della schiavitù), scritto nel 1945 sosteneva, già in quegli anni che “…le politiche seguite oggi stanno…creando rapidamente le condizioni per le quali l’ansia di raggiungere la sicurezza tende a diventare più forte dell’amore per la libertà… E’ fuor di dubbio che un’adeguata sicurezza a fronte di una situazione di gravi privazioni dovrà essere uno dei nostri principali obiettivi politici. Ma niente è più fatale dell’attuale moda… di esaltare la sicurezza a spese della libertà. E’ essenziale che impariamo di nuovo … che per avere la libertà bisogna pagare un alto prezzo e che, come individui, dobbiamo essere pronti a fare grossi sacrifici per difenderla. Per costruire un mondo migliore dobbiamo avere il coraggio di iniziare da capo. Dobbiamo eliminare tutti quegli ostacoli che l’umana follia ha di recente disseminato sul nostro cammino e liberare l’energia creativa degli individui. Dobbiamo creare le condizioni favorevoli al progresso piuttosto che pianificare il progresso.”

“Può darsi che una società libera quale noi l’abbiamo conosciuta rechi in sé i germi della propria distruzione; può darsi che una volta che la libertà sia stata ottenuta essa venga data per scontata e cessi di avere valore; e che il libero sviluppo delle idee, che rappresenta l’essenza di una società libera, abbia come conseguenza la distruzione delle basi sulle quali tale società si fonda… Questo significa forse che la libertà viene apprezzata solo quando è perduta…Se vogliamo evitare che ciò avvenga dobbiamo essere in grado di presentare un nuovo programma liberale che faccia appello all’immaginazione. Dobbiamo fare in modo che l’edificazione di una società libera rappresenti ancora una volta un’avventura intellettuale, un atto di coraggio.”

Se l’intelligenza non ci fa difetto, come dice la Ginzburg, e la capacità di immaginazione, l’iniziativa, la creatività sono nel nostro DNA da sempre, sono le nostre virtù migliori riconosciuteci ovunque, siamo, dunque, dotati a sufficienza di quelle qualità necessarie per riconquistare una dignità e una libertà, che senza rendercene conto abbiamo forse già miseramente perduto.

Di cosa abbiamo bisogno allora? Certamente di un “atto di coraggio”, come diceva von Hayek e forse di “…un’Utopia liberale, un programma che non sembri né una semplice difesa dello status quo né una forma edulcorata di socialismo, ma che si fondi su un radicalismo genuinamente liberale, che non risparmi la suscettibilità dei potenti (inclusi i sindacati), che non sia troppo rigidamente pragmatico, e che non si limiti a quei programmi che oggi sembrano politicamente realizzabili. Abbiamo bisogno di leader intellettuali che siano preparati a resistere alle blandizie del potere e del consenso, e che siano disposti a lavorare per un ideale anche se le prospettive di una sua immediata realizzazione sembrano irrisorie… Uomini che lascino i compromessi pratici ai politici. … Se non riusciremo a rendere di nuovo i fondamenti filosofici di una società libera un tema intellettuale vivo, e a trasformare la sua attuazione in un compito che sfidi l’ingegnosità e l’immaginazione delle nostre menti più vivaci, le prospettive della libertà sono [e restano] decisamente fosche. Ma se riusciremo a conquistare nuovamente quella fiducia nel potere delle idee che è stato il tratto caratteristico del liberalismo nel suo periodo migliore, la battaglia non è perduta“.

E qui devono entrare in campo le nostre forze migliori, tutte le nostre intelligenze ovunque siano disseminate nella nostra società, spesso neutralizzate, rese incapaci di operare, perchè schiacciate sotto il peso di logiche clientelari, di potere e di mero interesse economico. Dal potere degli uomini al potere delle idee: questa è la via per ricostruire il nostro futuro. Ma ci vuole un atto di coraggio, che tragga la sua forza da quella frase “Ora e sempre resistenza”, che racchiude in sé il sacrificio di coloro “…che si sono riservati la parte più dura e più difficile; quella di morire, di testimoniare con la resistenza e la morte la fede nella giustizia* e che lascia a noi “…un compito cento volte più agevole; quello di tradurre in leggi chiare, stabili e oneste il loro sogno: di una società più giusta e più umana…”.

*Piero Calamandrei