ABC- Abbecedario post pandemia: V – Vecchiaia

Louise Bourgeois, Ode à l'Oubli, cover 2004
È una parola che non si usava più. Non solo è offensivo e maleducato “dare del vecchio”, ma è anche poco politically correct. Insomma, si fa veramente una brutta figura a usarla, anche se possiamo sorridere quando diciamo o ci viene detto “Ok, boomer”. Essendo poi il tempo un gran signore, dalla parte dei vecchi ci si troverà prima o poi tutti.
Eppure i tempi di pandemia ci hanno seriamente riportato a riflettere sulla realtà della vecchiaia, ci hanno fatto toccare con mano il fatto che non solo il tempo passa, ma che non possiamo fermarlo o rallentarlo. Forse, come scriveva Domenico Starnone qualche settimana fa su Internazionale “È probabile che la pandemia manderà in soffitta, tra parecchie altre cose di cui bisognerebbe cominciare a fare l’inventario, la presunzione dell’eterna giovinezza”.
Lo scrittore ne parla come di una liberazione, non solo linguistica, ma della società tutta. Finalmente ognuno di noi può vivere la propria età senza temere la fragilità del corpo, l’ansia del tempo, le stagioni che si avvicendano, il ticchettio dell’orologio biologico, i capelli bianchi, l’incertezza del passo, le rughe.